mercoledì 13 marzo 2019

Sutor ne ultra crepidam!




Bei tempi quando le ragazzine di 15 anni si dedicavano ai primi amorazzi, alle tendenze della moda...
Ora sognano di fare le influencer o chi come Greta Thunberg, manifesta davanti al Riksdag, il Parlamento di Stoccolma con un cartello in mano «Skolstrejk för klimatet», ovvero "sciopero scolastico per il clima" per chiedere un impegno maggiore sul clima e ambiente. In poco tempo è diventata un simbolo globale, citata addirittura anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. 
«Noi abbiamo fatto i nostri compiti a casa e i politici no» è il suo grido di battaglia e ha dato il via all'idea di un corteo di studenti "Fridays for Future". 
Andreas Henriksson, giornalista d'inchiesta connazionale di Greta, dopo aver scavato un po' dietro questa storia appassionante, ci rivela - però - che lo sciopero scolastico fa parte di un'avvincente (e ben studiata!) strategia di comunicazione per lanciare il nuovo libro della cantante Malena Ernman «Scenes from the Heart». Ovvero la madre di Greta, carramba che sorpresa! 
Il "deus ex machina" è un grande esperto di marketing e pubblicità, Ingmar Rentzhog, che ha pensato di sfruttare l'immagine della ragazza per lanciare la sua start-up "We Do Not Have Time". 
Una 15enne per testimonial è smart. 
Il 24 novembre scorso Rentzhog, nomina Greta nel board della sua start-up e tre giorni dopo lancia una campagna di crowfunding (raccolta fondi) per 30milioni di corone svedesi (cioè 2,8 milioni di euro). 
Ecco chi è la tenera e innocente ragazzina con le trecce che invece di fare sciopero per i bagni che non funzionano o i termosifoni non sono accesi o per l’aula di informatica senza il wi-fi con la banda larga (si sa che in Svezia sono efficienti!) preferisce scioperare per il clima. 
Anche il quotidiano svedese "Svenska Dagbladet" accusa la start-up di aver sfruttato la ragazza per i propri tornaconti personali. 
E i genitori di Greta negano che ci sia un secondo fine e tutto sia studiato, ma... non smentiscono i rapporti con Rentzhog e il suo entourage. 
Bei tempi quando le ragazzine facevano le ragazzine e l'ambiente era affidato agli scienziati esperti!  
Si vuole ricadere nell’errore dell’8novembre 1987, quando l’88% degli Italiani disse NO al referendum sulle centrali nucleari ipnotizzati dalle eco-cassandre togliendo di fatto al nostro paese un primato tecnologico. 
Si affidò un quesito strettamente tecnico al corpo elettorale invece di affidarsi a scienziati esperti del settore… 
Io non mi stupisco visto che ancora adesso si bloccano le grandi opere per puro sfizio ideologico. 
Se milioni di anni fa davanti alla scoperta del fuoco, avessero fatto un’analisi costi/benefici dove i “costi” furono rappresentati dalle vite umane di coloro che si avvicinarono troppo, beh in quel caso non avrebbero scoperto il fuoco.
Sia ben chiaro, che la nostra Terra sia un malato gravissimo non si discute, ma davanti ad un malato terminale chiunque di noi, si rivolgerebbe ad un’equipe di grandi luminari della scienza non certo ad una ragazzina. 
Neppure io ho competenze nel settore energetico e ambientale, ma da quando elaborai la mia tesi di laurea in “Normative europee in tema ambientale” smontando il protocollo “farlocco” di Kyoto, mi sono appassionato al tema, ho letto molti testi del prof. Tullio Regge, prof. Antonino Zichichi. 
In particolare il dott. James F. Lovelock, famoso biologo del movimento filoambientalista Greenpeace che si convertì al nucleare e affermò «solo l’energia nucleare può salvare il mondo dal surriscaldamento». 
Ora pendiamo dalle labbra di Greta ma tempo fa non furono ascoltati voci eccellenti della comunità scientifica del calibro di Umberto Veronesi, Umberto Tirelli, Tullio Regge e Franco Battaglia, quando affermarono che solo un sognatore può pensare di  risolvere il problema dell’energia del futuro con le paroline magiche «biocarburanti», «eolico», «fotovoltaico».
"Molti miliardi per nulla” fu il titolo di un articolo di un quotidiano tedesco “Die Zeit”, riportando la notizia di uno studio del Rhineland-Westphalia Institute for Economic Research di Essen: «Le installazioni di nuovi moduli fotovoltaici nel solo anno 2009 sono costati ai consumatori oltre 10 miliardi di euro. E questo per immettere sulla rete elettrica all'incirca lo 0.3% della domanda nazionale, praticamente nulla».
Non fu ascoltato neppure Friedrich Schmidt-Bleek –fondatore del “Wuppertal Institute für Umwelt, Energie und Klima” che nel libro “Bugie Verdi. Nulla per l’ambiente, tutto per il commercio – come la politica e economia mandano in rovina il mondo”spiega appunto come ci hanno preso per il naso finora gli ambientalisti: a partire dalla critica alle politiche ambientali del governo tedesco concentrate esclusivamente su efficienza energetica e lotta alle emissioni di CO2, e cieche di fronte alla causa precipua del “degrado ambientale come il consumo eccessivo di risorse naturali che la nostra economia richiede…
Prendiamo l’auto elettrica e quella a motore ibrido: il consumo di carburante incide solo per il 15-20%. Concentrandoci solo sulle emissioni nocive di CO2 ci si dimentica del restante 80%, responsabile dei maggiori danni all’ambiente.  
Schmidt –Bleek afferma a ragione che Il prezzo per l’ambiente dell’auto elettrica è notevolmente più elevato di quello delle vetture che vanno a benzina e diesel perché la sua produzione richiede materiali rari come rame e litio, che portano sulle proprie spalle, uno “zaino ecologico” molto pesante. L’estrazione massiva di litio dai laghi salati di Cina e Sudamerica sconvolge inoltre l’equilibro di quegli ecosistemi, con effetti sistemici imprevedibili…
Un’altra punta di diamante è Bjørn Lombørg, professore di statistica presso l’università di Aarus in Danimarca, nonché (ex) ambientalista militante (duro e puro!) di Greenpeace, quindi un vero ambientalista D.O.C.
Bjørn Lombørg nel suo “The Skeptical environmentalist” (L’ambientalista scettico) edito in Italia per i tipi della Mondadori, dopo aver raccolto una quantità impressionante di dati, accusò scienziati ed organizzazioni ambientaliste di esagerare e creare falsi allarmi: “l'aumento di popolazione, ad esempio, non pone problemi; l'acqua potabile è abbondante; la deforestazione e l'estinzione delle specie sono sovrastimate; la lotta all'inquinamento è stata vinta; infine, invece di combattere una costosissima battaglia contro il riscaldamento globale, di cui non ci sono prove, è meglio spendere quei soldi per costruire ospedali e quant'altro.”
Conclusione: molto rumore per nulla.
Ovviamente questo libro in Italia non è diventato il “best seller” che meritava, non era filo ambientalista, nonostante snocciolasse pagine di dati che confortavano la tesi di Lombørg. È meglio far stagnare il clima cupo di terrorismo psicologico e farci credere di essere seduti su una bomba ad orologeria (il nostro caro pianeta Terra).
L’analisi spietata e scientifica di Lombørg aveva il potere di mettere a spalle al muro quel “fondamentalismo verde” togliendo il “giocattolino dalle mani” alle varie associazioni ambientaliste che – sotto l’egida delle buone intenzioni – mentono sapendo di mentire, paventando tragedie e apocalissi alla firma del protocollo di Kyoto.
I dati che ci offre il professore danese, confermati dalla più che autorevole F.A.O., ci dimostrano che l’estensione delle foreste è in lieve ma costante aumento mentre il tasso di deforestazione rallenta. Niente panico poi sul versante demografico: la popolazione non aumenta in modo esponenziale; le risorse naturali non stanno per esaurirsi (abbiamo petrolio fino al 2200! Nel frattempo la scienza troverà una nuova fonte energetica).
L’affondo vincente di Lombørg riguarda lo stoccaggio dei rifiuti solidi urbani, sfatando il tabù politically correct del riciclaggio, completamente privo di senso – ecologicamente ed economicamente – parlando. Per stoccare l’intera produzione di rifiuti degli Stati Uniti di 50 anni, basta infatti una discarica di 28km2!! Questo bastava ed avanzava per mandare in soffitta il protocollo di Kyoto che prevedeva di ristabilire le emissione di CO2 ai livelli del 1990, come infatti i dati attuali dimostrano.
Ad esempio: se avessimo subito applicato tale protocollo, nel 2010 avremo avuto una diminuzione della temperatura di circa 0,15°C, e il livello dei mari sarebbe calato di meno di 2cm. rispetto a quanto sarebbe accaduto senza l’entrata in vigore di tale amatissimo protocollo…
Pertanto il prof. Bjørn Lombørg si domandava: “Ne vale la pena?
Ora vi chiedo solo un’ultima cosa: vi fidate di più di un professore di statistica presso l’università di Aarus in Danimarca o di una ragazzina svedese che protesta in piazza col suggeritore come avveniva 30 anni fa con Ambra in «NON È LA RAI»?
Ricordiamoci sempre della saggezza latina: "Sutor, ne ultra crepidam" ovvero "Calzolaio, non andare oltre la suola"...

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