domenica 3 marzo 2019

Be free, be yourself


C’è chi pensa che viviamo in una sorta di dittatura, intendendo per “dittatura” alcune normative che i governi di questo o di quel colore ci impongono.
A ben pensarci, è innegabilmente vero che  viviamo in una dittatura. Ma la politica non c’entra molto.
Se ci soffermiamo a ragionarci su, effettivamente viviamo da qualche decennio in una tra le peggiori dittatura: l’egemonia imperante del “politically correct” i cui effetti sono più subdoli e più devastanti di una dittatura intesa come forma di governo.
È un “cavallo di Troia” contenente pericolosissimi virus capaci di annientare la propria libertà di pensiero, ne più o ne meno come un virus troyan è capace di azzerare la memoria del vostro computer. Migliaia di dati persi e scomparsi nel nulla.
Diogene Laerzio, interrogato su quale fosse la cosa più bella tra gli uomini, disse: «La libertà di pensiero».

Pensateci bene quanta saggezza racchiusa in tre paroline (più l’articolo): già di per se la “libertà” è in assoluto l’elemento essenziale per una persona, ma la libertà di pensiero è ciò che lo distingue da chiunque altro. Meglio di un’impronta digitale e del codice genetico del DNA.
Infatti, ad esempio, prendete due gemelli. Il loro codice genetico sarà quasi sovrapponibile alla perfezione. Ma la libertà di pensiero è l’unica cosa che potrà dividerli. Ci sarà un dettaglio che li distingue: forse uno sarà vegano e l’altro no; uno sarà eccellente negli studi umanistici, l’altro in quelli scientifici (o forse sarà un lavativo!).
La libertà di pensiero è ciò che ci rende speciali e unici.
Ma oggigiorno, dire ciò che la società vuole sentirsi dire, ti permette di avere una sorta di “passpartout” che apre tutte le porte che ti permette di vivere bene.
Ma attenzione, ubi commoda, ibi est incommoda, questo è un patto pericoloso e subdolo perché pretende che tu abiuri completamente le tue idee. 
Tutto questo è facilissimo per chi, le idee, non le ha.
Eccoci quindi ad un bivio, un dilemma amletico: essere sé stessi o far parte della società?
Tertium non datur! È un bivio, non una rotonda.
La «political correctness» è un’ideologia diabolica e devastante, intrisa fino al midollo dell’ipocrisia più becera e ruffiana, che ci impone di seguire un percorso obbligato dettato dal mainstream. 
Ecco un’altra parola-chiave, molto più efficace del famoso “APRITI SESAMO!”.  Nella fiaba di «Alì Babà e i quaranta ladroni» serve per aprire l'ingresso di una caverna dove quaranta banditi hanno nascosto un tesoro.

Il mainstream serve per aprire tutte le porte delle convenzioni sociali.
È come un setaccio per la farina che fa passare chi si adatta e si uniforma alle convenzioni. Ciò che resta nel setaccio, è la crusca, che sebbene ultimamente le vengono riconosciuti importanti ed efficaci effetti per il benessere dell’organismo, viene considerata un materiale di scarto e viene gettata via.
Il mainstream e il politically correct sono due setacci, sono ceppi di una catena strettissima che ci costringe ad uniformarti, adeguarti, comportarti come un cyborg che è stato resettato dai dati contenuti, formattato e pre-programmato.
Un'etichetta, un codice a barre che ci viene attribuito e marchiato a fuoco sulla nostra pelle...
Allo stesso modo, oggigiorno, preferiamo resettare la nostra libertà di esprimere – senza filtri – il nostro pensiero, pur di essere accettati dal consesso sociale, sottovalutando che questa è la nostra vera schiavitù, la nostra schiavitù più devastante perché ci sta privando di pensare liberamente.
Ecco dunque la vera dittatura che ci opprime: quella del politicamente corretto.
Oscar Wilde nella sua opera più intimistica, «De Profundis», ci lasciò detto – molto amaramente – che “la maggior parte delle persone sono solo la copia esatta di altre e i loro pensieri sono solo i pensieri di qualcun altro”.
Che posso dire, concludendo questo mio sfogo? Ri-impossessatevi dei vostri pensieri anche quando non collimano con quelli della maggioranza. 
#BeYourself #BeFree


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