mercoledì 14 dicembre 2022

La magia del cinema


Qualche settimana fa decisi di andare al cinema per vedere lo splendido film «La stranezza». Era la prima volta che mi recavo al cinema dopo più di tre anni ed è stato davvero emozionante ritornare in una sala cinematografica. Il cinema resta sempre un’emozione unica, una forma di comunicazione assoluta, che dai fratelli Lumiere ad oggi, ha fatto sognare migliaia e migliaia di generazioni.
Complice la pandemia è infatti dilagata l’abitudine accidiosa e indolente di “scaricare” i film e guardarli in streaming sdraiati sul divano.
Ma non c’è storia: vedere un film in sala è tutta un’altra cosa.
Scaricare un film è un po' come farsi portare una pizza a casa (da qualche rider sottopagato) e mangiarla squallidamente sul cartone! (…mentre magari si guarda un film in streaming mollemente distesi sul divano con il pigiamone). Ovviamente ci sono delle eccezioni ad esempio nel caso uno sia impossibilitato ad uscire!
Trovo tutto questo tristissimo.
Non è semplicemente "guardare" un film o "mangiare" una pizza ma “andare” a vedere un film o “mangiare” una pizza: tutto il piacere ruota attorno a quel “moto a luogo”!
Le emozioni della sala cinematografica, del grande schermo, del dolby surround, dei suoni, delle immagini, creano emozioni uniche che permettono di immergersi completamente nella storia, come se lo spettatore fosse parte di essa. Il cinema (come luogo) trasmette una magia particolare incomparabile con la comodità di stare accucciato sul divano.
I dati dimostrano che la spesa al botteghino è crollata dai 2.7 miliardi di euro del 2019 (ultimo anno di normalità pre-Covid) agli 870 milioni di euro nel 2021. Un calo del 72% degli spettatori.
Occorre una strategia per rilanciare il cinema: ad esempio un divieto di trasmettere i film nelle piattaforme online per un certo periodo a partire dalla loro uscita nelle sale!


martedì 13 dicembre 2022

La deriva dei social network

 


Era il 2008 quando decisi di iscrivermi a Facebook. 
Allora era una vera novità che permetteva di contattare amici persi di vista per mille motivi. E infatti riuscii a entrare in contatto con alcuni compagni di scuola delle elementari …dopo più di quarant’anni. 
Grazie a Facebook mi sono messo in contatto con un compagno delle scuole medie che ora vive in Florida (USA). 
Oramai Facebook è il social dei boomer
Lo conferma il report “The Global State of Digital 2022”: Facebook è scomparso dal podio dei social preferiti per i ragazzi fra i 16 e i 24 anni (scavalcato da Instagram e TikTok). 
E questo cambio di preferenze dimostra chiaramente le nuove strategie di comunicazione. Non voglio fare un’analisi sociologica ma al centro dei post su Facebook c’è il testo scritto e, solo se si vuole, si può aggiungere una foto o un video. 
Instagram invece ruota – come evoca il nome – una crasi tra “Instant camera” e “Telegram” – su un’immagine o un video e, solo se si vuole, si può aggiungere anche un breve testo. Ma al centro del post c’è la foto. 
Questo dimostra quindi in modo evidente la abulia e l’accidia comunicativa fra i giovani che evita la fatica di leggere un testo e si accontenta di “guardare” e mettere un cuoricino per il “like”. 
Se ci pensiamo bene d’altronde è ciò che succede da sempre per i libri: quelli per i bambini in età pre-scolare danno maggior spazio all’immagine o alla vignetta e poi aggiungono una brevissima didascalia. Poi quando si impara a leggere troviamo i libri con la preponderanza del testo e qualche illustrazione.
TikTok poi è un vero palcoscenico su cui esibirsi davanti ad una platea sconfinata. 
Contenuti brevi da guardare e “scrollare” (far scorrere) che hanno un effetto ipnotico sull'utenza e penalizzano i contenuti noiosi che non puntino dritti al punto. 
La statistica dice che la soglia d’attenzione per un video è di 7 secondi! Mordi e fuggi!
A questo si aggiunge che il contatto è sempre più unidirezionale (io seguo qualcuno che non necessariamente segue me!) in particolare per i personaggi noti sui social ai quali i “followers” nelle diretti chiedono – anzi implorano –  di essere salutati. 
«Mi saluti?» è diventata, infatti, la frase più gettonata dalle dirette Instagram. Che equivale ad un selfie senza però alcun contatto!
Andy Warhol cinquant’anni fa parlò di “un quarto d’ora di celebrità”, ora i giovani si accontentano di molto meno: mezzo secondo mentre il loro idolo li saluta!

lunedì 12 dicembre 2022

I numerosi "gatto e volpe" di Pinocchio.


Qualche tempo fa sentii una barzelletta molto simpatica che faceva più o meno così:

 Ci troviamo nell’aldilà. Un ragazzino incontra un vecchietto, fanno amicizia e ciascuno incomincia a raccontare la propria storia.
Il vecchietto esordisce: “Io ero un povero falegname. Ero vecchio e solo. Poi finalmente arrivò a farmi compagnia un bambino. Era molto vivace, poi anche lui se ne andò e non seppi più niente di lui!”
A questo punto il ragazzino dice:“Anche il mio babbo era falegname, era molto povero...”
Il vecchietto trasognante disse: “mio figlio era un bambino molto speciale. Non era come tutti gli altri. Lui era un bambino speciale.”
“Babbino”- gridò il ragazzo.
“Gesù!”- esclamò con le lacrime il vecchietto.

Di Pinocchio in questi 137 anni s’è detto tutto da quando Carlo Collodi (pseudonimo dello scrittore Carlo Lorenzini) scrisse «Storia di un burattino» pubblicato nel 1883

Tanti hanno voluto trovare di una "chiave di lettura": filosofica, politica, pedagogica, teologica, psicologica, giuridica, etc.

Anche il card. Biffi, arcivescovo emerito di Bologna e fine letterato, analizzò il capolavoro di Collodi secondo una visione “cristiana” (e, tutto sommato non ci stiamo allontanando dalla barzelletta con cui ho esordito) facendo emergere moltissimi punti di contatto tra “Le avventure di Pinocchio” e la Bibbia. Per esempio:

  • in Pinocchio esiste una sola figura femminile: la Fata Turchina; nella Bibbia si parla di più figure femminili, ma in posto di rilievo è quello di Maria;
  • in Pinocchio si parla di 4 monete d’oro, nella Bibbia ci sono 30 denari (ed in entrambi i casi, le monete portano verso cattive vie!)
  • in Pinocchio troviamo il “Grillo Parlante” come simbolo della coscienza, di ciò che “si deve fare ” e ciò che “non si deve fare”, beh, nella Bibbia c'è Mosè e le XII tavole per indicarci le regole!;
  • …e Lucignolo? Non potremo vederlo nei panni del diavolo tentatore;
  • ... vi ricordate dove finisce Geppetto? In pancia ad un pescecane. E il profeta Giona? Dov’era finito? In una balena!;
  •  ... il Gatto e la Volpe dopo aver “scucito” le quattro monete d’oro a Pinocchio come si sbarazzano dell’ex burattino? Lo “appendono” ad un albero! E nella Bibbia come finisce chi ha “maneggiato” i 30 denari? appeso ad un albero.
  • Pinocchio viene arrestato e finisce davanti ai giudici. Anche Gesù Cristo finisce davanti a Ponzio Pilato!
  • Pinocchio appeso all’albero, capendo oramai di essere in cattive acque esclama: «Babbino, babbino, perché non sei qui!», Gesù Cristo sulla croce esclama «Eloi, Eloi, lamma sabactani!», "Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?"

Anche Sigmund Freud, che ha messo il ...naso fra i sogni degli esseri umani, pretendendo di decifrarli, poteva forse fermarsi davanti a quel burattino famoso proprio per il suo naso? Certo che no! E siccome il padre della psicoanalisi che è riuscito a trovare anche nei sonni infantili più innocenti, alcuni aspetti legati alla sfera sessuale, ecco dunque che in questo caso, non si discosta dal suo amato leit-motiv intravvedendo in quel “naso che si allunga davanti alla Fata Turchina” quello che noi tutti immaginiamo, alimentando innumerevoli proverbi o storielle popolari di molte regioni della nostra Italia…

Poteva ora mancare una chiave politica?
Pinocchio è di destra o di sinistra? Pinocchio è un ribelle, pertanto è di sinistra!
Ci ha pensato Guillermo Del Toro che ha voluto rivestire il burattino col suo tipico tratto caratteristico macabro e un po’ funereo a partire dall’ambientazione: l’Italia ai tempi del fascismo con contenuti quindi fortemente politicizzati.
Il regista messicano ha messo le mani avanti affermando che non sia un adattamento ma sia "liberamente tratto" dal racconto dello scrittore toscano. Resta allora un mistero sul perché il titolo sia "Pinocchio".
Già nel 1940 Walt Disney lo rivestì come un bambino tirolese, ma per lo meno la trama restò quella originale di Carlo Lorenzini in arte Collodi! Nel 2001 poi, anche Steven Spielberg si ispirò – su suggerimento di Stanley Kubrick – a questa favola per «A. I. Artificial Intelligence» ambientandola in un mondo futuro popolato da robot. Ma ha avuto il buongusto di non citarlo nel titolo!
La fantasia del regista messicano immagina un Geppetto ubriaco e collerico che sradica un tronco cresciuto vicino alla tomba del figlioletto, Carlo, intagliandolo in modo da dargli la parvenza di un burattino che durante una notte prende vita in un modo molto dark simile al dottor Frankenstein. Poi ha pensato anche di sbarazzarsi della figura materna della Fata Turchina. Così come per il Gatto e la Volpe.
Lucignolo, il tentatore, poi è il figlio del Podestà locale che non trascinerà Pinocchio nel paese dei balocchi ma in un campo di addestramento fascista per "balilla".
Il regista infine fa passare la disobbedienza tipica di Pinocchio come una forma di ribellione ai condizionamenti ideologici imposti dal regime del tempo: quindi Pinocchio è ovviamente un antifascista!
È già tanto che non l’ha mandato in montagna come partigiano! Io penso che qualche sussulto nel loculo a Collodi ci sia stato!
 
Tanto si è scritto sulle licenze di fantasia sfrenata di alcuni registi per quanto riguarda la trasposizione di un libro in film stravolgendone spesso il senso. Io ritengo che debba esistere una sorta di "copyright ideologico": il regista può fare un adattamento di un testo purché rispetti il senso che l’autore ha voluto dare all’opera.
Chissà se Carlo Lorenzini in arte Collodi, nel suo villaggio toscano vicino a Pescia, nel lontano 1881, iniziando con il suo «C’era una volta… ,“Un re” – direte voi!» immaginava quanti si sarebbero ispirati alla sua storia di quel burattino disobbediente?
 
 

mercoledì 9 marzo 2022

9 MARZO 1959: ARRIVA NEI NEGOZI BARBIE.


Il primo giocattolo glamour della storia. Un ricercatissimo oggetto da collezione. Un modello estetico per tre generazioni di ragazzine confermando il suo successo senza tempo.


Nella prima metà del XX secolo le bambole hanno ancora sembianze da neonati e solo dopo la II guerra mondiale cominciano ad essere prodotte in plastica. 
Uno scenario che lascia scontente la maggior parte delle bambine, che, nell'epoca della prima conquista dello spazio, si aspettavano qualcosa di più moderno e sofisticato con cui giocare. Tra di loro c'è Barbara, figlia di Ruth ed Elliot Handler, quest'ultimo cofondatore della Mattel, società produttrice di giocattoli fondata nel 1945.

Nel corso di un viaggio in Europa, Ruth scopre l'esistenza di “Bild Lilli”, una bambola adulta e dall'aspetto decisamente più smaliziato rispetto alle precedenti, tratta dal personaggio di un fumetto tedesco. Da essa trova l'ispirazione per un nuovo modello da proporre al marito, suggerendo come nome il diminutivo della figlia, “Barbie”Vinte le iniziali riserve, Elliot propone il progetto agli altri soci che l'accolgono con entusiasmo.

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Il debutto sul mercato arriva nel marzo del 1959 alla fiera dei giochi di New York. La nuova bambola, il cui nome completo è Barbara Millicent Roberts, è un'indossatrice alta 29 cm, ha capelli biondi (o scuri) legati con una lunga coda, occhi azzurri e un corpo da donna, su cui indossa un costume zebrato. Costo della versione base 3 $ più altri 5 per vestirla e altrettanti per il kit guardaroba. In molti rivedono nelle sue forme e nel trucco le grandi dive dell'epoca, quali Elizabeth Taylor e Marilyn Monroe.

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Presentata in tv e sulla stampa, la Barbie diventa il primo giocattolo supportato da una capillare campagna pubblicitaria, con il risultato che nel primo anno di vita ne vengono venduti 350.000 esemplari. Il successo spinge la Mattel ad arricchirla di ulteriori dettagli introducendo negli anni altri personaggi della sua famiglia e della sua cerchia di amici.

Nel 1961 debutta Ken (diminutivo di Kenneth, nome del figlio maschio degli Handler) che rimane per lungo tempo il suo fidanzato, tre anni dopo tocca alla sorella Skipper.


La stessa Barbie si rinnova continuamente lanciando sempre nuove mode e avendo come sarti d'eccezione stilisti del calibro di Jean-Paul Gaultier e Yves Saint Laurent.

Nel contempo, cambia il suo status professionale: da principessa a ballerina, da astronauta a dottoressa, da ginnasta a fotografa (2000-07). In ciò sono chiare le ambizioni dei produttori della bambola, intenzionati a proporre con essa un modello da seguire nell'idea di donna artefice del proprio destino e come standard di eleganza e femminilità.

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Proprio come modello la Barbie entra più volte nel mirino di associazioni genitoriali e organismi per l'infanzia, che ne giudicano negativamente ora il fisico eccessivamente magro (paventando il rischio anoressia), ora lo stereotipo di donna bella e stupida, costringendo la casa produttrice rispettivamente ad aumentare le misure del corpo o nel secondo caso a ritirare dal mercato la versione parlante che manifesta difficoltà di apprendimento della matematica.

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A dispetto delle critiche, delle grane legali e delle numerose concorrenti, la Barbie non perde mai il suo appeal e il suo essere fuori dal tempo rispetto alle mode e i costumi di ogni epoca. Ciò giustifica i numeri esponenziali delle vendite: in mezzo secolo oltre un miliardo di esemplari venduti in più di 150 paesi.


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Il 2009, l'anno del 50° anniversario della sua nascita, vede uscire una versione speciale. I modelli più antichi e quelli rari sono oggi ricercati da frotte di collezionisti, disposti a pagarli a peso d'oro, al punto che qualcuno arriva a sborsare 27.000 $ per aggiudicarsi all'asta la versione originale del 1959!

sabato 8 gennaio 2022

L'Europa scopre che il nucleare è "green".


Gli ambientalisti ci ricordano spesso che per “smaltire” una gomma da masticare occorrono 5 anni, una lattina d’alluminio fino a 100 anni, per un contenitore di polistirolo addirittura non bastano 1000 anni.
E io aggiungo per ri-stabilire una verità non bastano quasi 35 anni!
L’8novembre 1987, l’88% degli Italiani disse “NO” al referendum sulle centrali nucleari, ipnotizzati dalle eco-cassandre, togliendo di fatto al nostro paese un primato tecnologico e scientifico che avevamo!
Ora la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha sottolineato che in Europa accanto a fonti rinnovabili abbiamo bisogno di una fonte stabile, il nucleare.
In maniera chiara von der Leyen ha espresso una posizione a favore dell'atomo.
È del tutto evidente che bisogna cominciare a discutere di nucleare pulito.
È un tema che si dovrà porre se si vuole puntare all'obiettivo dell'autosufficienza dal punto di vista energetico.
Io se permettete lo dico da quel masochista risultato del referendum dell’87!
Tra 2/300 anni negli e-book di storia i ragazzi del XXIV secolo leggeranno che gli uomini del XXI secolo per ignoranza e paura non riuscirono a cogliere l’utilità dell’energia nucleare spaventati da alcuni incidenti di percorso dovuti non all’energia nucleare in sé ma ad eventi esterni quali terremoti e tzunami.
Infatti ancora oggi, a distanza di 36 anni, si ricorda l’episodio di Chernobyl,  come un elemento per dimostrare la pericolosità dell’energia nucleare.
A nulla è servito in questi decenni il parere di uno fra i più grandi scienziati che il mondo della Scienza ci invidia: il prof. Antonino Zichichi.
Innanzitutto dobbiamo tornare rapidamente indietro con la memoria al 1986 quando ancora i muri dell’Europa dell’Est erano ancora belli saldi e forti.
Gli ingegneri della centrale nucleare Lenin di Chernobyl volevano realizzare un esperimento mai fatto prima per dimostrare, al mondo intero, la loro eccellente scienza: ovvero staccare tutti i dispositivi di sicurezza dei reattori.
Purtroppo quel 26 Aprile 1986, la situazione sfuggì loro di mano ed in piena notte, all’1:23’58”, il reattore “4” della centrale nucleare saltò in aria facendo uscire una radioattività equivalente a dieci volte quella sprigionata ad Hiroshima e inquinando una superficie pari a cinque milioni di ettari.
Il prof. Antonino Zichichi ci spiega chiaramente che “un reattore nucleare è come un elefante. Funziona bene se lo si lascia andare alla sua velocità naturale. Il pericolo inizia quando lo si vuol far correre o andare troppo lentamente”.
Quindi di chi sarà la colpa? Dell’elefante o di chi lo ha istigato a correre?
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Sul posto mandarono dei giovani laureandi che ricevettero un tale flusso di radiazioni da rimetterci poi la vita.
Purtroppo, questo fatto ha creato nell'opinione pubblica un’idea totalmente negativa del “nucleare” e l’8 novembre 1987, l’88% degli Italiani impressionato e senza esser stati informati di dettagli esatti, disse NO al referendum sulle centrali nucleari! (senza contare dell’assurdità di porre ad una popolazione di cultura media un quesito che richiede competenza tecnica  profondissima).
Questa scelta popolare ha tolto al nostro paese un primato tecnologico:
La sicurezza delle nostre centrali nucleari aveva raggiunto livelli tra i più alti. Non eravamo secondi a nessuno.
L’incidente del reattore “4” nella centrale Lenin di Chernobyl è costato all’Italia decine di migliaia di miliardi, per via degli investimenti sul “nucleare pacifico” che invece fu subito  smantellato.
Chernobyl insegna –questa è la seconda parte della lezione del prof. Zichichi nel suo libro “Scienza ed emergenze planetarie”– che esistono altri problemi di natura culturale: «l’opinione pubblica va stimolata, aiutata, capita e educata ad accettare le grandi innovazioni tecnologiche».
Basterebbe poi ricordare che le centrali nucleari francesi distano 1 ora di strada da confine italiano... e che noi dipendiamo –energeticamente parlando– da quelle centrali…
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Il dottor James F. Lovelock, famoso biologo e fra i “guru” più ascoltati del movimento ambientalista, nonché autore dell’«Ipotesi Gaia» secondo cui la Terra è considerato come un organismo vivente.
«Solo l’energia nucleare può salvare il mondo dal surriscaldamento- afferma il dott. Lovelock – evitare il ripetersi di estati torride, impedire lo scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia. Un ricorso intensivo dell’energia nucleare preverrà un futuro apocalittico nel quale il Polo Nord sarà ridotto a poco più di un gigantesco iceberg e la Foresta Amazzonica sarà sommersa dalle acque»
Senza contare che con l’energia nucleare si risolvono anche le emissioni di CO2, vero imputato della salute del Pianeta Terra.
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Circa 500.000 anni fa in seguito ad un violento temporale un albero fu colpito da un fulmine e si svilupparono fiamme altissime che attirarono l'attenzione degli ominidi presenti in quel villaggio! O, forse, fu a causa di una colata di lava incandescente fuoriuscita dal cratere di un vulcano.
Fu così, forse, che l’«homo erectus» scoprì il fuoco.
Molti uomini -avvicinandosi a questa nuova e sconosciuta “cosa”- perirono e arsero vivi.
Poi -però- c’è chi si avvicinò con cautela lo osservò e fu anche capace di mantenerlo vivo e riprodurlo.
Grazie alla sua intraprendenza l’uso del fuoco è stato fondamentale per lo sviluppo della civiltà umana.
Con il fuoco ci si riparava dal freddo e ci si difendeva dagli animali, si illuminava il buio della notte, ci si riscaldava, si scoprì la cottura delle carni e dei vegetali potenziando l’assimilazione delle sostanze nutritive dei cibi da parte dell'uomo, (e intorno alla fiamma gli uomini rafforzavano i loro rapporti, ponendo le basi delle prime comunità!). In una parola rese migliore la qualità della vita.
Ma quanto tempo passò dal quel primo rogo umano alla scoperta dell'utilizzazione del fuoco? Senza l’intraprendenza (e l’ostinazione!) di qualche uomo che intuì l’utilità del fuoco, ancora adesso saremmo all'epoca della pietra. 
Ed ho capito così che i nostri avi di 500000 anni fa, nella loro totale ignoranza e incultura, erano decisamente più saggi di noi. 
Non si lasciarono spaventare dalle fiamme di un incendio. Capirono l’importanza del fuoco che, come tante altre cose, può avere un aspetto negativo.
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Avere la botte piena e la moglie ubriaca è sempre stato il sogno dell’umanità fin dall'alba dei tempi!
Pretendiamo le "4tacche sul cellulare" in ogni punto della città ma affacciandoci alla finestra non vogliamo vedere un'antenna di un ripetitore nel raggio di 10km;
In Italia produciamo 540kg. pro-capite di rifiuti solidi urbani, ma c'è sempre qualcuno che sbraita se nel proprio comune sta per sorgere un impianto di smaltimento.
Siamo vittime della cosiddetta sindrome del "N.I.M.Y." ( not in my yard)...
Vorremmo sempre avere tutti i privilegi e le comodità senza rinunciare a niente... (eppure già i Latini ci avvisavano che «ubi commoda, ibi est incommoda!»).
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Un esempio: l’Inghilterra fu il primo paese «elettrificato» al mondo, e, per “promozione” venne offerto a tutte le famiglie un'impianto di luce gratis e un anno senza bollette. 
Bene, più della metà di esse respinse l'offerta per paura della novità.
Questa notizia ci farà senz’altro sorridere, esattamente come tra 200 anni rideranno dei risultati del referendum sul nucleare, in Italia, pilotati sull’onda emotiva di Chernobyl ...
George Bernard Shaw ci lasciò detto che «Il progresso dipende dagli uomini irragionevoli» come quelli intraprendenti che si avvicinarono -500000 anni fa- a quella strana cosa pericolosa che è il fuoco.
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Bjørn Lombørg nel suo “The Skeptical environmentalist” (L’ambientalista scettico) edito in Italia per i tipi della Mondadori, dopo aver raccolto una quantità impressionante di dati, accusò scienziati ed organizzazioni ambientaliste di esagerare e creare falsi allarmi: “l'aumento di popolazione, ad esempio, non pone problemi; l'acqua potabile è abbondante; la deforestazione e l'estinzione delle specie sono sovrastimate; la lotta all'inquinamento è stata vinta; infine, invece di combattere una costosissima battaglia contro il riscaldamento globale, di cui non ci sono prove, è meglio spendere quei soldi per costruire ospedali e quant'altro.
Ovviamente questo libro in Italia non è diventato il “best seller” che meritava, non era filo ambientalista, nonostante snocciolasse pagine di dati che confortavano la tesi di Lombørg. È meglio far stagnare il clima cupo di terrorismo psicologico e farci credere di essere seduti su una bomba ad orologeria (il nostro caro pianeta Terra).
L’analisi spietata e scientifica di Lombørg aveva il potere di mettere a spalle al muro quel “fondamentalismo verde” togliendo il “giocattolino dalle mani” alle varie associazioni ambientaliste che – sotto l’egida delle buone intenzioni – mentono sapendo di mentire, paventando tragedie e apocalissi alla firma del protocollo di Kyoto.
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I dati che ci offre il professore danese, confermati dalla più che autorevole F.A.O., ci dimostrano che l’estensione delle foreste è in lieve ma costante aumento mentre il tasso di deforestazione rallenta. Niente panico poi sul versante demografico: la popolazione non aumenta in modo esponenziale; le risorse naturali non stanno per esaurirsi (abbiamo petrolio fino al 2200! Nel frattempo la scienza troverà una nuova fonte energetica).
L’affondo vincente di Lombørg riguarda lo stoccaggio dei rifiuti solidi urbani, sfatando il tabù politically correct del riciclaggio, completamente privo di senso – ecologicamente ed economicamente – parlando.
Per stoccare l’intera produzione di rifiuti degli Stati Uniti di 50 anni, basta infatti una discarica di 28km2!! Questo bastava ed avanzava per mandare in soffitta il protocollo di Kyoto che prevedeva di ristabilire le emissione di CO2 ai livelli del 1990, come infatti i dati attuali dimostrano.

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Spero che ora che anche l’Unione Europea ha dato la sveglia, l’Italia capisca che quei “demonizzatori” dell’energia nucleare, sono da ascrivere – di diritto – tra i peggiori nemici non soltanto dell’indipendenza energetica nazionale ma anche della nostra prosperità.
Energia nucleare e gas naturale potrebbero essere considerati fonti green in Europa per accelerare il percorso verso l'obiettivo zero emissioni: va in questo senso la bozza di piano elaborata dalla Commissione che se otterrà l'appoggio della maggioranza degli Stati membri, entrerà in vigore dal 2023.