Facciamo un gioco?
Pensate a un brand qualunque e cercate di ricordare
se per la sua campagna di comunicazione viene usato, o meno, un testimonial.
Scoprirete che sono
molte poche le aziende che, ormai, per le loro campagne pubblicitarie non si
appoggiano a un volto noto.
Gli esperti del settore la chiamano «celebrity
endorsement» e per non tediarli e apparire troppo didascalico non
mi sogno di spiegare loro cosa significhi questo termine inglese.
Per tutti gli altri miei lettori sarò più
gentile e disponibile: con quel termine albionico si indica l’utilizzo di
un personaggio celebre, che un’azienda sfrutta -per fini pubblicitari-
per la fama e per le sue particolari caratteristiche fisiche e morali.
Utilizzare personaggi famosi nelle
campagne pubblicitarie, ha quel “quid” in più per raggiungere gli
obiettivi di comunicazione perseguiti dall’impresa: è più efficace.
Questa potenzialità nasce in Italia nel 1957 con il caro (e rimpianto) Carosello.
Il testimonial era scelto, oltre che per la sua
notorietà, soprattutto per la sua capacità recitativa.
Ma la scelta del personaggio deve essere
coerente con l’immagine del prodotto e deve essere ben ponderata, sia per
l’azienda che… per il testimonial.
percezione positiva.
La visibilità, la coerenza tra testimonial e prodotto, l’appeal (o capacità
attrattiva, la credibilità, il carisma sono tutti fattori essenziali per
raggiungere lo scopo.
L
Certo quando al carisma si unisce lo stile e la classe, si
può semplicemente scendere da un’auto e presentarsi come fece una grandissima
attrice francese con uno chiccoso tailleur rosso per una auto italiana.
Quel Oui, je suis Catherine Deneuve negli anni ’80 fu un must che molti ricorderanno.
C’è poi chi riesce, in un'impresa quasi
impossibile, a mostrare carisma anche non apparendo: come un famoso allenatore
di calcio portoghese al quale è stato affidata un’ironica campagna di
comunicazione basata solo sulla sua voce.
«Chi è?» direte voi. The “special
One”, of course.
Poi talvolta può accadere che il carisma
invece sia in …caduta libera come per il golfista Tiger Woods, testimonial di una bibita energetica,
coinvolto in uno scandalo su un giro prostitute d’alto bordo.
E così, oltre al divorzio con la moglie,
arrivò anche quello con la famosa azienda e …addio alla strapagata
collaborazione. Voleva metterci la faccia e… fu costretto a coprirsela dalla
vergogna mentre veniva fatto salire sulla macchina della polizia.
La notorietà del testimonial può anche
focalizzare l’attenzione sul VIP che si
trasforma in Medea o in Conte Ugolino, fagocitando il prodotto o la marca che
doveva promuovere creando così un
vero flop comunicativo.
Ciò che
gli esperti definiscono «effetto vampiro» (ma anche questo gli
esperti del settore lo sanno già!).
Come nel caso di una ditta di abbigliamento "balneare" che –inopitamente!– scelse come
testimonial per la promozione della sua linea, l’ex consigliere della Regione
Lombardia, Nicole Minetti sperando di cavalcare la
momentanea fama.
Mal gliene incorse.
Il popolo
del web si scatenò (…non
sempre con frasi ironiche!).
“Sì, volevamo attirare la
vostra attenzione. A quanto pare Nicole Minetti modella durante una sfilata
Parah è riuscita ad ottenerla. […] Al giorno d’oggi l’unico modo per colpire
l’attenzione sembra essere quello di stupire e creare scandalo, ecco perché spesso
i nostri modelli non hanno ottenuto l’attenzione sperata, ancora meno se i
testimonial sono ragazzi e ragazze scelti tra la gente comune. (…) Ci dispiace
aver turbato qualcuno, ma se l’abbiamo fatto è stato per portare l’attenzione
su quello che vuole comunicare la nostra azienda"
Altra
campagna bloccata è stata quella di Alex Schwazer come testimonial di un’azienda
dolciaria torinese.
Il problema nacque
quando Schwazer venne accusato di doping che oltre a fermare la sua marcia
verso l’oro alle Olimpiadi, fermò anche …il contratto.
Il rischio di sbagliare la scelta del proprio testimonial è sempre in
agguato.
O c’è invece chi trova in uno spot il
trampolino di lancio per una carriera cinematografica, come Charlize Theron ed il suo abitino che si smagliava (facendo
sperare i maschietti che –per una volta!– lo spot si protraesse oltre i 30’!).
O un giovanissimo Brad Pitt che nel 1991prestò le sue doti
fisiche ad una marca di jeans (prima di prestarsi –senza essere
pagato– ad essere testimonial di superalcoolici)…
Ma gli spot sono anche l’uscita di
sicurezza per attori e attrici hollywoodiani in declino che accettano di
parlare con le galline, offrire caffè alle ospiti o pranzare con pesce in
scatola in riva al mare o fare le commesse in un negozio di calze...
Poi ci sono quelli che, dopo aver passato
tutti gli anni ’80 a disinnescare ordigni per Los Angeles e hinterland, ora non
riescono a trovare la connessione ideale per il tablet.
Ma parlando di testimonial, non possiamo
scordare Giovanni Rana che negli anni ’90 non si limitò a metterci
la sua faccia per pubblicizzare i tortellini ma interagiva con
famosi personaggi come Marilyn
Monroe, Clark Gable, Stalin, o Don
Camillo in surreali sketches con l'uso di computer graphic.
Molti esperti si saranno annoiati leggendo
questo pezzo perché non ho detto nulla di nuovo e tutto questo loro lo sanno
già.
Ma io vi dico che mantengo
–orgogliosamente!– entusiasmo del neofita che ogni volta si
emoziona per ciò che gli piace.
Avrò letto, forse, varie decine di volte
la poesia «The road not taken» di Robert Frost, ed ogni
volta riesce a …«riempirmi l’animo di ammirazione e venerazione
sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si
occupa di essa». (Spero
che il buon caro Immanuel mi perdoni per la citazione).
Nessun commento:
Posta un commento