mercoledì 4 gennaio 2012

BILL BERNBACH, chi era costui??


Facciamo un gioco? Vi dico “Bill Bernbach”.
Che cosa vi viene in mente? Forse nulla. Come alla quasi totalità delle persone.
Eppure, togliendo lui si sgretolerebbe oltre metà dell’advertising pubblicitario del secolo appena trascorso.
La sua attività dal punto di vista della comunicazione pubblicitaria è paragonabile a quella di Galileo Galilei nell’astronomia, o Dante nella letteratura Italiana: dopo di lui nulla può esser stato come prima.
William Bernbach nacque nel 1911 in pieno Bronx, si laureò a pieni voti alla New York University in letteratura inglese, filosofia e gestione aziendale.
Trovò un posto nell’ufficio spedizioni delle Distillerie Schenley e, nel tempo libero, si dilettava a scrivere annunci per i prodotti dell’azienda, mandandoli all’agenzia che ne curava la pubblicità. Un giorno, sfogliando il New York Times, William vide che era stata pubblicata tale e quale una sua idea per il lancio dell’American Cream Whiskey, senza che l’agenzia gli avesse riconosciuto alcun merito…
Il boss della Schenley venne a saperlo e lo volle promuovere all’ufficio marketing.
Nel 1949, fondò la DDB - Doyle Dane Bernbach - con Ned Doyle. irlandese sanguigno, nel ruolo di outside man, il cacciatore di clienti; Maxwell Dane in quello di inside man, gestore delle finanze; e Bill come creative man, naturalmente.
I tre partirono senza debiti grazie a un anticipo dei grandi magazzini Orbach’s sulle future campagne pubblicitarie con le idee ben chiare: «Proviamo al mondo che il buon gusto, la buona arte, la buona scrittura possono creare una buona vendita!”
Il primo grande successo fu nel 1960 insegnò agli americani a “pensare in piccolo”: una pagina quasi vuota con il “Beetle” Volkswagen piccolo piccolo in alto a sinistra e la scritta “think small” . Una filosofia provocatoria per l’America del “think big”.
Stiamo parlando di un’America sempre più malata di gigantismo, e lui agli americani che sognavano di diventare tutti dei “numeri 1” propose di “pensare in piccolo”, perché “essere numero 2 è meglio”.
Stiamo parlando di alcune indimenticabili campagne pubblicitarie di Bill Bernbach, il pubblicitario più famoso e riconosciuto del XX secolo.
Bill riuscì a farsi da battistrada per la "rivoluzione creativa" contro un potente establishment pubblicitario di Madison Avenue da parte della chiusa elite WASP (White Anglo Saxon Protestant, ovvero il "vero Americano")...

Nel giro di pochi anni i clienti della DDB erano moltiplicati: American Airlines, Seagram, International Silver, Heinz, Sony, Uniroyal, Lever, Gillette.
Le regole sono quelle che l’artista spezza; nulla di memorabile è mai uscito da una formula”. È una delle tante frasi di Bernbach estrapolate dalle rare interviste rilasciate e da quello che amici, colleghi e familiari ricordano dei suoi discorsi.
Tutto merito della creatività di Bernbach e del suo carisma intransigente.
Alla DDB, lasciava i creativi alle sue dipendenze liberi di agire, dando a ciascuno la possibilità di crescere a proprio modo, anziché  renderli tutti uguali.
Per entrare alla DDB, aveva fissato due essenziali condizioni:
  1. avere talento;
  2. essere una persona perbene.
In mancanza di una delle due, la sua risposta era cortese ma negativa.
Da questa creatività dell’understatatement e della rettitudine nacquero campagne storiche.
Ecco alcuni esempi:
Per il panificio Levy’s, sotto la foto di un uomo di colore “non devi essere ebreo per amare Levy’s, vero pane di segale ebreo».
Per i magazzini Orbach’s, sotto la foto di un bambino corrucciato: «Siamo spiacenti di informarti che la tua roba per la scuola è pronta da Orbach’s». Per la tratta della linea aerea israeliana EL AL che accorciava i tempi della traversata atlantica ideò: «Dal 23 dicembre l'Oceano Atlantico sarà più piccolo del 20%».
Sotto una pagina senza foto: «Non c’è motivo di mostrarvi la nuova Volkswagen ’62. Sarà ancora la stessa!”
Non pubblicherà mai nulla circa le proprie teorie pubblicitarie, fedele all’idea che non ci si deve intrappolare in formule. Le pubblicità da lui create contenevano caratteristiche che oggi stentiamo a definire qualità, ma erano destinate a perdurare nella memoria del pubblico (infatti ancora adesso le stiamo citando ad esempio!) mentre invece scordiamo rapidamente gli effetti speciale più roboanti delle campagne pubblicitarie dei nostri giorni con “art-directors” alla ricerca di dare “pugni nello stomaco” per attirare il cliente.
Il necrologio, venticinque anni fa, sul New York Times riportava una sua frase: «I veri giganti sono sempre stati dei poeti, uomini che saltavano dai puri fatti al regno dell’immaginazione e delle idee».
Alla luce di tutto ciò allora io mi chiedo: dove sono finiti ai nostri giorni gli imprenditori intelligenti e lungimiranti come William Bernbach che per assumere personale nella propria azienda non richiedeva un “neolaureato, max 28anni, 4anni d’esperienza” bensì puntava semplicemente su una brava persona con talento, passione, interesse per ciò che doveva fare?
Dove son finiti oggi, nel XXI° secolo, i Bill Bernbach che danno più importanza a quello che potrai fare con il tuo talento e non a quello che hai già fatto?
D’altronde, si sa, i Galileo, i Manzoni, i Dante, gli Einstein non nascono ogni giorno, ma, accantonando l’orgoglio e la superbia, chi, sapendo di non essere né Galileo, né Manzoni o Dante, e tanto meno Einstein, potrebbe prendere l’esempio. No?

P.S.: Mi viene ora in mente una boutade: prendiamo il Titanic e l’Arca di Noè. Un’imbarcazione costruita da un dilettante con passione, l’altra da un team di ingegnieri al top.

La storia ha voluto chi favorire?



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