domenica 18 febbraio 2018

Elezioni: dalle piazze ai social


«C’è chi crede che lealtà, amicizia e solidarietà siano missioni da compiere ogni giorno». Sembra un claim che possiamo leggere in qualche maxi-affissione nelle nostre vie in questi giorni di campagna elettorale frenetica. 
Per quale politico è stata ideata? 
Tranquilli, non sono qui per fare endorsement. 
Quello è uno slogan di uno spot (tenetevi forte!) dell’Amaro Montenegro.
E questo è una chiara e palese dimostrazione che i politici parlano sempre più come prodotti, e i prodotti come politici.
Il politico è un prodotto da posizionare nel mercato.
E si usano le stesse strategie di marketing usate per un dentifricio.
Oggi la candidatura per una carica politica istituzionale, dal Parlamento europeo al Comune, come non può fare a meno del marketing strategico e della comunicazione creativa professionale.
Bei tempi quando il politico “scendeva in piazza” fisicamente, e ci metteva la faccia. Illustrava il suo programma e …si esponeva anche ad eventuali contestazioni.
Oggi l’immagine del candidato, i suoi messaggi è tutto studiato da uno spin doctor affiancando i media tradizionali come le affissioni, interventi alla TV, radio o la direct mailing, a quelli più innovativi come il web e mobile marketing, social media, e-mailing, sms, ecc.
Dietro c’è sempre un ufficio stampa, che con studi e ricerche, crea un’efficiente organizzazione operativa in grado di ottimizzare tempi e costi, che sono alla base di una campagna vincente.
Jacques Séguéla, autore della campagna “La forza tranquilla per Francois Mitterand” disse «Vorrei dire chiaro e tondo che un pubblicitario non ha il potere di trasformare alcunché. I nostri amici ci chiamano creatori, i nostri nemici mistificatori. In realtà siamo solo dei rivelatori».

Ecco un creativo è un rivelatore.
Ma non esiste alcun creativo che possa ideare un’ottima campagna che faccia vendere un prodotto scadente. Una comunicazione che non rispetta la verità di un prodotto o di un politico, avrà poca vita. Magari darà buoni risultati nel breve periodo, dopodiché si trasformerà inevitabilmente nel più disastroso boomerang.
E altrettanto si dica per un pessimo candidato. 
Se per un prodotto (scadente!) si punterà soltanto su un «packaging» accattivante si andrà incontro ad un vero terreno minato.
E nel caso delle elezioni non si potrà ricorrere all'eventuale “garante per la pubblicità ingannevole”.
Ma la "reclame" è sempre stata avanti: ci si concentra sul decantare i propri pregi e pur accettando talvolta la pubblicità comparativa, si ha un "codice deontologico" che impedisce di denigrare il prodotto concorrente. Almeno non apertamente.
Invece in politica assistiamo a vagonate di vetriolo misto a guano da scaricare sul partito che più da fastidio...

Ogni campagna elettorale è una storia a sè.
Uno che ultimamente ha saputo “giocare” coi social è stato il presidente degli Stati Uniti d’America Donal Trump: prima di vincere le elezioni in Florida e Pennsylvania, le aveva già vinte su Facebook e Twitter.
Ha avuto per tutti gli ultimi sei mesi di campagna il doppio dei fan di Hillary Clinton.
E tutti a deriderlo immaginando un divario tra il reale e il virtuale.
Sia chiaro che è davvero pericolosissimo affermare che chi “vince” sui social vince nel Paese. 
Ma è indubbio che i social hanno cambiato per sempre il terreno di gioco e le regole della competizione elettorale, negli Stati Uniti come in Italia.
Così come è pericoloso il “copia-e-incolla”. Un modello che è stato essenziale per far arrivare un politico all’Eliseo non si possa replicare tale e quale su un candidato sindaco di Forlimpopoli o Pietraperzia.
Ogni parola deve trasmettere professionalità e creatività e rispecchiare una passione per ciò che si vuole fare
Non possiamo scordare la new entry nelle nuove strategie: il «guru». Elabora slogan e strategie da far ripetere al candidato. E poi elaborerà frase da far ripetere al politico nelle interviste. Ma alla lunga i fili del burattinaio si vedranno. E talvolta si potranno spezzare.
Poi c’è chi si affida ancora al rapporto diretto, che studia le parole delle persone per strada, studia i post e i commenti sui social, anche i più bizzarri, studia i mezzi di informazione, studia il contesto, studia i sondaggi, i trend, i dati elettorali del passato.
Se fino a 30 – 40 anni fa, i politici scendevano in piazza ora scendono nelle …piazze virtuali dei social che hanno completamente rivoluzionato il modo di presentarsi.
Anche perché in piazza i “buuuuu” non si potevano cancellare con un click.
Ed un mondo dell’apparenza, anche Photoshop può dare una mano.
Gianluca Giansante, docente di comunicazione politica della Luiss mette in guardia: «il messaggio che prima con la televisione era unidirezionale ora diventa bidirezionale. Ma se si chiede solo consenso senza ascoltare, le persone se ne accorgono e non partecipano affatto o addirittura criticano queste iniziative».

È pur vero che la politica ha talvolta anticipato i social. Un tempo si potevano “acquistare” elettori con mezzo paio di scarpe come oggi mettendo mano al portafogli si acquistano “follower” fasulli.
Partire da subito con un numero di centinaia di migliaia di “amici” che hanno già espresso la loro preferenza su uno dei profili social è un ottimo trampolino di lancio. Ma al di là di un piccolo effetto d’immagine, sulla lunga distanza una scelta di questo tipo può solamente danneggiarvi qualora si dimostri che ai “like” non corrispondono i voti verificati dagli uffici del Ministero degli Interni.
Ma guai a scordarsi che alle elezioni vince la politica, che viene prima, molto prima, della comunicazione.
L'ultima chance è quella suggerita da un grandissimo maestro della comunicazione. Vota Antonio La Trippa

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