venerdì 6 ottobre 2017

Questione di etichetta

Ci sono trattati di psicologia comportamentale che vorrebbero insegnarci le regole e le consuetudini per uniformarci alla società e – in caso di trasgressione – la sanzione è rappresentata dall'estromissione dalla stessa società.
Il dilemma amletico è, quindi, essere sé stessi o far parte della società?
E pazienza se il simbolo universale della mitezza, il Dalai Lama, una volta affermò che «dobbiamo imparare bene le regole in modo da saperle infrangerle nel modo giusto».
Gli esperti ci mettono sull'avviso – ad esempio – di non incrociare mai le braccia e le gambe durante un colloquio di lavoro perché, secondo le regole di comportamento indicherebbe un segno di volere tenere le distanze e di chiusura, ma ad esempio – personalmente – a me incrociare le gambe mi rilassa.
Io incrocio le gambe al cinema (infatti cerco sempre la fila di metà corridoio!). 
Idem quando seduto a casa davanti alla TV, o sono seduto al ristorante, in situazioni quindi in cui sono calmissimo e rilassato. 
Io ad una conferenza, nel momento di maggior attenzione, per accentuare l’ascolto, incrocio le braccia.
Non sarà che le regole – come dice il Dalai Lama – occorre saperle infrangere?
Sempre sul tema delle regole un grande genio dell’arte come Pablo Picasso, ha lasciato il consiglio di «imparare le regole come un professionista, in modo da poterle rompere come un artista».
Tutto ruota sulla necessità di apporre un’etichetta.
Tutto deve essere etichettato.

Ma l’etichetta è come strettissima catena che ci costringe a comportarsi come tanti cyborg preprogrammati seguendo un novello pifferaio di Hamelin.
È (forse) proprio per questo motivo che ho sempre avuto un’allergia per l’adesione a gruppi politici, ideologici, religiosi pur accogliendone i loro principi generali. Accettarli globalmente mi crea una sensazione di asfissia. 
Io sono io, non un numero di tessera.

La celebre massima, attribuita ad Ulpiano, “Pacta sunt servanda” (nota a chiunque abbia studiato giurisprudenza) ci insegna come non ci si possa liberare unilateralmente dagli obblighi assunti per contratto.
Poi però 
Charles-Maurice principe di Talleyrand-Périgord, ci lasciò un consiglio. «l'eccesso di zelo provoca effetti peggiori della non applicazione della norma». 
A chi dare ascolto, dunque?
Una regola è da applicare in modo ferreo o va interpretata e plasmata rendendola applicabile al caso in questione?

Un esempio: il divieto di portare bottigliette a bordo dell’aeromobile e al controllo di sicurezza ci obbligano a gettarle via. 
E non c’è spazio di trattativa (l'ottusità regna e impera!)
Il divieto è ca-te-go-ri-co.
Ho visto anche bimbi in passeggino che frignavano obbligati a separarsi dalla loro bottiglietta di succo di frutta.
Ottusità o elasticità?

Prendiamo ad esempio un farmaco, non agisce allo stesso modo in tutti. 
Perché non siamo tutti uguali. 
Non siamo un esercito di cyborg (come le convenzioni vorrebbero indurci a essere). 

Ecco dunque l’esigenza delle etichette, di invisibili “codici a barre” per arrivare alla massificazione, alla standardizzazione umana.
Un po’ come le mele, le pere, le carote o i cetrioli per i quali i nostri legislatori a Bruxelles stabiliscono anche il diametro e la lunghezza per essere appunto catalogati ed etichettati.
Non ci si rende conto della forza dell’individuo.

Ayn Rand, scrittrice, filosofa e sceneggiatrice statunitense di origine russa, ci ha lasciato scritto che «La più piccola minoranza al mondo è l'individuo. Chiunque neghi i diritti dell'individuo non può sostenere di essere un difensore delle minoranze». 
E nessuno parla dell’importanza del singolo individuo.

Passiamo al mondo dell'arte. 
Che ne sarebbe del genio di Vincent van Gogh se prendessimo come regola aurea la tecnica di pittura di Caravaggio?
Che fine farebbero Picasso, Klimt o Mondrian, a loro modo veri geni dell’arte.
O che ne sarebbe delle poesie ermetiche di Ungaretti se accettassimo come parametro lo stile di Giacomo Leopardi o Dante?

«Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido” disse il genio del '900 per eccellenza, Albert Einstein

Nessun commento: