Il manifesto aveva in primissimo piano una ragazza adolescente con degli hot pants in jeans in voga in quegli anni ed uno slogan mirato e provocatorio “chi mi ama, mi segua”.
La pubblicità fece scalpore ma
assolutamente efficace.
Oggi quasi nessuno ricorda più i “jeans jesus” ma molti conoscono quel
manifesto che addirittura conquistò l’ambitissimo premio internazionale “Advertising International FilmFest Prize”.
Dopo circa quarant’anni, incuranti
della saggezza dei nostri nonni “scherza coi fanti e lascia in pace i santi”,
c’è sempre qualcuno che ci riprova a fare marketing usando addirittura immagini
strettamente collegate alla tradizione religiosa con slogan rimodellati "ad hoc"!
È il caso di una casa di moda –della quale volutamente non faremo il nome!
– che, lo scorso anno, presentò la propria linea a Pitti Uomo, usando un immagine di Gesù
sulla croce con la scritta “Padre perdona
loro perché non sanno quello che indossano”.
In un'altra immagine c'è la parodia dell'Ultima Cena di Leonardo con lo stilista nei panni di Gesù a tavola con gli
apostoli il Giovedì Santo il claim “prendete
e indossatene tutti”.
C’è poi chi allestisce lo stand a forma di chiesa con relativo altare
e crocefisso e una scritta del tipo «fedeli allos tile»
con le navate che
vengono usate per far sfilare le top-models…La prima reazione tra i cattolici è stata giustamente “i pubblicitari sanno di non rischiare la pelle giocando coi simboli cristiani”. Noi siamo quelli famosi del “porgi l’altra guancia”. Chissà perché non hanno coinvolto Allah o Maometto”?
Ma forse è meglio fermarsi qui con le
nostre considerazioni negative: forse è solo legato alla voglia di stupire e
chissà in queste pubblicità non c’è forse manca un attacco premeditato al cristianesimo.
Più che altro semmai potremmo parlare di
attacco preterintenzionale…
Sia chiaro, io da grande
appassionato di comunicazione creativa, storco il naso e stringo i denti
davanti a simili manifesti che abbinano banalmente e sciattamenteil crocefisso alla promozione di un
prodotto commerciale, però gli attacchi al cristianesimo sono tutta un’altra
cosa.
Una volta fu domandato a Damien Hirst, prestigioso esponente inglese del gruppo conosciuto YBAs
(Young British Artists) per quale ragione gli artisti del XX
secolo, sentissero l’esigenza di “tirare
in ballo” spesso e volentieri nelle loro opere i “cristi e madonne” con la
sensazione evidente di aver tutta l’intenzione di essere irridenti ai simboli religiosi e col rischio di ...inimicarsi i potenziali clienti di quella religione.
Hirst rispose candidamente che "gli artisti
di oggi e di sempre usano simboli, e attualmente gli unici veri simboli di cui dispone
la nostra civiltà occidentale nel III millennio sono quelli religiosi".
È innegabile: in un mondo "mordi e fuggi" gli unici simboli del nostro mondo sono solo quelli religiosi!
La Passione di Cristo è servita agli
artisti dei secoli scorsi per parlare del dolore; la Madonna con il Bambino in braccio
è servita per parlare della tenerezza; e i pittori hanno imparato a usare il rosso
dipingendo il sangue di Cristo.
Ha ragione quindi Damien Hirst: i
nostri simboli sono solo Cristo, la Vergine, i santi, gli angeli e, di converso, anche i demoni.
Il grande artista Igor Stravinskij,
disse che è necessario credere in Gesù, Maria, (e, per antinomia, nella realtà fisica del diavolo) per fare musica sacra
(e per lui la musica era tutta sacra).
Poi ci sono anche le icone moderne:
il David di Michelangelo, il Colosseo, CheGuevara, la Marilyn di Andy Wahrol, la Ferrari, etc.
Ma tra un simbolo e un’icona c'è una
bella differenza: i simboli col tempo si sono “fissati” nella nostra carne, appartengono
alla nostra vita, al tempo e allo spazio in cui viviamo.
L’intento dell’art-director in pubblicità è attirare l’attenzione dell’ipotetico
cliente.
Anche noi usiamo modi di fare per
non passare inosservati nel nostro ambiente: c’è chi ci riesce con un sorriso o
con un una sguardo magnetico, chi con un modo di parlare affabulante e chi lo
fa con un bel pugno allo stomaco al primo che passa. In tutti i casi non si
passa inosservati.
E se dal pugno scatta la rissa, poi
si finisce sui giornali. Ecco quindi che se volevo farmi notare ci son riuscito
benissimo.
La comunicazione creativa si fonda
su questa stesso meccanismo.
Tutto sommato anche i pubblicitari sanno che quelli sono i soli simboli del nostro tempo, e talvolta qualcuno, magari senza volerlo e non proprio nel modo più elegante, ce lo ricorda dimenticandosi che la creatività non deve essere distaccata dal buon senso e dal buon gusto ricordandosi della saggezza antica e mai passata di moda dell’ammonimento “scherza coi fanti e lascia in pace i santi”.
Tutto sommato anche i pubblicitari sanno che quelli sono i soli simboli del nostro tempo, e talvolta qualcuno, magari senza volerlo e non proprio nel modo più elegante, ce lo ricorda dimenticandosi che la creatività non deve essere distaccata dal buon senso e dal buon gusto ricordandosi della saggezza antica e mai passata di moda dell’ammonimento “scherza coi fanti e lascia in pace i santi”.
Nessun commento:
Posta un commento