Prima premessa: detesto gli stereotipi.
Seconda premessa: c’è una frase di Pablo Picasso che è
diventata una mia regola di vita «impara
le regole come un professionista, affinché tu possa infrangerle come un
artista».
Terza premessa: l’arte della comunicazione, come tutte le
arti, dev’essere scevra dai lacci delle regole.
Fatte queste premesse, arrivo subito al dunque: in
Inghilterra hanno appena censurato due spot pubblicitari perché in essi
emergerebbero stereotipi di genere.
Ebbene sì, il “pensiero
unico” prevede che tra uomini e donne non debbano esistere differenze, devono
essere pari in tutto distruggendo quindi quelle differenze innegabili ed
inequivocabili che le rendono appunto …distinguibili!
Un po’ come se si volessero annientare le differenze tra la carne
e il pesce creando qualcosa che non è più né carne né pesce.
Nel primo spot incriminato, alcuni uomini si cimentano in
attività avventurose e parallelamente due donne si dedicano invece ad attività –
apparentemente – meno energiche: una riposa …ma dopo aver raggiunto una parete
a duemila metri, l'altra accudisce un bambino.
Da notare - quindi - che anche dopo una arrampicata su un
pendìo, la donna si dedica al puro relax e poi anche accudire un figlio sia descritto
come un’impresa, tutto sommato, meno coraggiosa e meno faticosa.
L'altro spot finito sotto la lente vigile del politically correct raffigura un padre al
quale viene affidato un neonato dalla madre.
A causa di un momento di distrazione, il figlio si ritrova a
gattonare sul nastro trasportatore di un ristorante self-service. Padre
degenere?
I grandi geni dell’Advertising
Standards Authority (una sorta di
“garante per la correttezza della
pubblicità” in Inghilterra) spiegano la decisione della sanzione perché la
scena lascerebbe intendere che i padri, a causa del loro genere, non siano
capaci di curarsi dei propri figli.
Lo spot, come tutti gli spot, vuole semplicemente strappare niente
di più che un sorriso. Non è un reportage di sociologia comportamentale
genitoriale.
Ma tutto questo sfugge ai piani alti dell’Advertising Standards Authority. E poi c’è
chi pensa che gli inglesi siano ancora detentori del “tipically british humour”?
Ma non puntiamo il dito sulla perfida Albione.
Essi sono solo gli ultimi della serie: già in Belgio,
Francia, Finlandia, Grecia, Norvegia, Sud Africa e India ci sono state simili
uscite sanzionatorie.
Io ritengo che l’applicazione ottusa di una regola contro la
discriminazione di genere, porta semplicemente ad una massificazione degli
esseri umani e la conseguente abolizione di ogni diversità.
Già la buonanima del principe Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, fece
notare che l’eccesso di zelo provoca solo disastri.
Tutto questo in nome di Sua Altezza Reale l'agenda globale
del politicamente corretto.
Un padre non può essere pasticcione.
Una donna, sebbene alle prese coi pargoli, è pur sempre
astenica rispetto all’ipercinetico marito (sebbene
quest’ultimo sia dietro una scrivania)…
Paradossalmente in tal modo passa il concetto che la donna per
realizzarsi e fare parte a pieno titolo della società, debba per forza lavorare!
Per coerenza con le mie premesse iniziali, non voglio certo
far passare l’idea dello stereotipo degli stereotipi sgradito a molte donne dell’«angelo del focolare», visto che sempre
più spesso le donne si ritrovano a fare due lavori (uno fuori – pagato - e l'altro dentro casa – per giunta gratis –) ma
da qui a vietare uno spot che presenta una madre scansafatiche o un padre
distratto… ne corre!
Ma questi spot non sono certo gli unici a risentire della
massificazione sistematica imposta dalla corrente.
Occorre educare in modo subliminale fin da piccoli.
Ci pensa la “Kinder” leader incontrastata delle
merendine per bambini.
C’è una piccola pirata che scruta l’orizzonte e scova il suo
prossimo bottino su una nave.
Lo spot prevede con un confronto tra la baby-pirata e il
capitano della nave assaltata.
Ed ovviamente il tesoro da depredare è costituito da
barrette di cioccolato.
Lo spot si chiude a tarallucci e v… ehm, con i due che si
spartiscono il “tesoro” e mangiano
allegramente in compagnia le barrette di cioccolato.
Innegabile che non sia stato certo un caso la scelta di una
bambina per rivestire il ruolo di pirata (per di più come protagonista).
La mia generazione, che ha un precedente con Lady Oscar, non potrà certo stupirsi di
ciò, ma è impossibile non notare l’uso del grande potere della comunicazione
creativa in modo subliminale e carsico per sovvertire i ruoli offrendo la
possibilità di vedersi, riconoscersi, immaginarsi in ruoli e modelli liberi da
pregiudizi, donando libertà di esprimersi in modo quanto più fedele alle
proprie attitudini, andando oltre gli stereotipi.
Su questa stessa linea, anche “la Sirenetta” nel nuovo live-action della Walt Disney non avrà
tratti danesi visto che a impersonare Ariel sarà l’afroamericana Halle
Bailey, 19enne della Georgia, pelle d’ebano con lunghi capelli ricci e
scuri.
Panta rei,
direbbe qualche saggio d’antan.
La Kinder, con questo spot, dà con un messaggio chiaro e
immediato: le doti tipiche di un pirata come coraggio, audacia, capacità
avventuriere e di comando sono doti per bambine tanto quanto per bambini.
Guai, quindi, ritrarre in uno spot una bambina – che so –
che si limiti a osservare o imitare la mamma che disbriga le faccende
domestiche. Giammai!
D’altronde, non possiamo certo stupirci. In tempi recenti,
ci siamo abituati ormai a vedere anche nei TG donne spavalde pilotare navi e
speronarne altre proprio come i pirati… d’alto bordo.
Riguardo la sovversione di stereotipi, impossibile non
notare nello spot della Kinder la rigorosa assenza della figura del padre e
- di converso - l’altrettanto rigorosa presenza della figura della madre.
Ma nessuno qui protesta per la discriminazione della figura
maschile…
Ecco quindi che nonostante gli sforzi, uno stereotipo appare
sempre più radicato: il padre non dedica il proprio tempo ai propri figli e
alla propria famiglia.
Un passo avanti, uno indietro.
Ecco quindi la domanda iniziale del titolo: le regole sono
come le cravatte?
Giusto che il nodo sia ben stretto.
Ma non troppo stretto per non soffocare, né troppo lasco perché
poco raffinato.
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