giovedì 7 maggio 2015

Un graffito tra le nuvole


Da poco discutevo su facebook con una cara amica sulla street art e i writers.Mi è venuto in mente un articolo che scrissi in occasione di una tragedia che coinvolse un giovanissimo writers milanese. Ora ho deciso di pubblicarlo in questo mio blog.

Stamattina, come ogni mattina, ho spalancato le finestre. 
Il cielo era di un azzurro accecante inframmezzato –artisticamente- qua e là da alcuni stratocumuli, come se un bimbo dispettoso si fosse divertito a spargere per il cieloi batuffoli di cotone trovati nella stanza del bagno.
Il tutto era molto coreografico!
Erano nuvole strane. Assomigliavano ai disegni “cicciottelli” dei graffiti! 
I benpensanti li detestano, sono l’incubo degli amministratori dei condomini, le giunte comunali elaborano strategie per debellarli quasi fossero topi o scarafaggi. 
Sono chiamati in tanti modi diversi: “writers”, graffitari, imbrattamuri! 
Per me sono degli artisti. E so di attirarmi gli stessi strali dei benpensanti…. 
Mi conforta Louis Aragon che nel suo “Traitè du style” affermava che “la funzione del genio è quella di fornire idee ai cretini… 50anni dopo”. 
Non ci deve stupire quindi che la stragrande maggioranza non vede in questi scarabocchi spigolosi una forma d’arte: è normale! Ben pochi artisti sono stati “capiti” in vita! 

Purtroppo è un dato di fatto: c’è sempre qualche critico che aspetta qualche lustro (di solito quando l’artista passa a miglior vita!) prima di poter dire tronfiamente: “è stato un grande artista!”. Ma è un mistero il perché, quello stesso critico, quando l’artista era ancora in vita, spesso e volentieri l’ha bistrattato e umiliato... 

Ricordo quando qualche anno fa, in un freddo tunnel della linea “B” della Metropolitana Milanese, un neòfita di questa nuova arte, perse tragicamente la vita. Ricordo anche il nome: Marco. 
Forse sarebbe stato un bravissimo wall-painter, forse avrebbe potuto raggiungere la fama di Jean-Michel Basquiat o di Keith Haring, invece ha terminato la sua breve esistenza a 15anni, in un tunnel della metropolitana, perdendo l’equilibrio e cadendo su un binario dell’alta tensione. 

I loro occhi d’artisti, liberi dalla coltre della piaggeria e demagogia che inonda di grigiore la nostra vita, vedono i muri delle città come immense tele bianche. 
Grigi muri di periferia senza storia, vagoni anonimi, che non hanno niente da raccontare. Esprimono la loro inquietudine con spruzzi di colore. 
Nessuno li vede. 
Vedono solo i loro disegni: si muovono come foglie per le vie delle città, lasciando un segno per “gridare” che loro esistono! 
Arte strana questa: comincia e finisce tra i 15 e i 20 anni, comincia alle scuole medie, e finisce entro il liceo! 
Non sono etichettabili politicamente, anzi loro sono apolitici! 

Si comincia con la propria “tag” ovvero la propria firma (spesso un incomprensibile scarabocchio!) ovvero un vero e proprio “copyright”
Per noi sono scritte insensate che deturpano il grigiore dei palazzi, imbrattano le vie cittadine, per loro sono “un codice a barre”. 
Il loro segno di riconoscimento! 

I “writers” nascono negli anni ’80 in USA come forma di protesta, nei quartieri popolari delle grandi metropoli. 
I ragazzi (spesso di colore o ispanici) “affrescavano” le facciate deprimenti dei loro palazzi. 
Dietro questo fenomeno troviamo gente del calibro di Keith Haring e Jean Michel Basquiat
A molti questi nomi non diranno niente, ma adesso le più importanti gallerie di New York e del mondo si contendono a colpi di migliaia di dollari qualche loro disegno! 
Tanto per intenderci: Haring è quello che ha inventato quei disegnini che la Renault ha usato per il lancio della Megàne qualche stagione fa (un bambino che pasticciava fuori dal foglio!); Basquiat è stato il più grande amico e compagno di Andy Warhol …quest’ultimo almeno lo conoscerà qualcuno… 

L’artista è sempre stato una persona particolarmente sensibile e, in quanto tale, sente prima degli altri, e in maniera più forte, l’inquietudine e il malessere dell’umano vivere. Ogni artista esprime questa sua sensibilità a suo modo. 
Pensate a qualche artista: nella letteratura, nella pittura, nella scultura, ha sempre espresso un malessere. 
Pensiamo ai “poeti maledetti”: Verlaine, Baudelaire, Rimbaud. 
Pensiamo a Toulose-Lautrec, VanGogh e perfino Caravaggio per i suoi tempi aveva la fama di “persona strana”. 



Quella dei wall writers, pertanto è una forma d’arte! 
Esprimono le proprie idee attirando l’attenzione (degli altri writers) con un loro disegno ovvero “spaccando” per usare un termine del loro “slang”. 
Se quel disegno verrà apprezzato, si “passa l’esame”, si entra nella “crew” (ovvero squadra, equipaggio). 
In caso contrario accanto al proprio disegno verrà appioppato il drastico e insindacabile giudizio “toy” (giocattolo!!), ovvero non degno di “passare l’esame” alla categoria superiore! 

D’accordo, non vogliamo elevarla a “forma d’arte”?  Va bene, ma per lo meno contribuisce inequivocabilmente a smussare e correggere il grigiore delle periferie urbane. 
O forse qualcuno preferisce le anonime facciate grigie (in tutti i sensi) dei quartieri periferici dell’hinterland delle grandi città?? 
Personalmente davanti ad un muro grigio e anonimo preferisco un muro con “quegli scarabocchi incomprensibili” colorati, solari, allegri e gioiosi. 

Per me, le amministrazioni dovrebbero invitare anziché perseguire tali artisti per contribuire ad abbellire e rendere più solare alcune vie tristi delle città. 
Non è follia pura: hanno delle regole, un loro “codice di autoregolamentazione”: ad esempio non si disegna su un altro disegno (“to cross”), non si scrive sulle chiese o monumenti o portoni antichi. (…purtroppo ci sono anche le eccezioni!!), ma, avete mai visto un monumento coi graffiti? 
O qualche opera d’arte? Io no! 
Quante volte, invece, ho visto facciate di chiese, monumenti e opere d’arte deturpate da scritte di natura politica e/o sportiva… (forza Juve, Luca ama Sandra, Hasta la victoria!).

Quelli sì, che andrebbero perseguiti, bloccati, quelli sì che possono essere chiamati vàndali! imbrattamuri! 
…senza contare molti sovrintendenti alla salvaguardia dei beni architettonici e artistici che hanno rovinato molte piazze italiane…ma questo merita un altro articolo! 

Mi viene alla mente un verso di un grande poeta: Fabrizio dèAndrè: “…e come tutte le più belle cose, vivesti solo un giorno come le rose!”. 
E Marco Z., a quindici anni, come una rosa ha perso tragicamente la vita, per la sua grande passione per i graffiti!
Ho ancora alzato il mio sguardo al cielo, quelle nuvole sembrano disegnate da un writers. Mi piace pensare che siano state disegnate da Marco o da qualche altro writer! 

Mi piace pensare che quei pochi disegni che ha sparso per i muri di Milano, renderanno qualcuno meno grigio e più solare, e per questo tutti dovremmo ringraziare Marco Z. 
Mi piace pensare che, in mezzo alle nuvole, continuino a dilettarsi esprimendo la sua arte con una nuvole strana, tondeggiante o spigolosa! 
Continuo a guardare bene il cielo… sono sicuro di trovare da qualche parte la “tag” di Marco.

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