C’è stato un periodo in cui, per noi italiani, il 1° Novembre era la «festa di Ognissanti».
Poi, esteròfili come siamo, abbiamo importato ad occhi chiusi tradizioni straniere perché sono più… “cool”.
Provate a chiedere in questi giorni ad un bambino, che cosa si festeggia alla fine di ottobre/inizio di novembre! La risposta sarà corale: H-A-L-L-O-W-E-E-N!!
Fu così che, nel nostro paese, da qualche lustro, ha avuto una diffusione virale la festa di Halloween, che – complice il marketing – si è trasformato in “carnevale d’autunno”.
Travestimenti, maschere, scheletri e scherzi sono gli elementi di questa ricorrenza che affascinano grandi e bambini.
Peccato che se ne stia cogliendo solo ed esclusivamente l’aspetto più goliardico e esteriore dell’evento, ignorando i valori simbolici e culturali originali dei pesi in cui tale tradizione è nata: Stati Uniti, Gran Bretagna e Irlanda.
Vorrei infatti specificare che non sono prevenuto contro Halloween a prescindere.
1) Abbiamo già simili feste nelle tradizione italiana e regionale;
A partire dal termine Halloween che deriva da «Hallows’ Evening», letteralmente “Sera di Tutti i Santi” e infatti la zucca intagliata, il simbolo di questa festa, chiamata “Jack O' Lantern” vede protagonista della leggenda, un vecchio fattore che, avendo peccato così tanto, neanche il diavolo lo volle e allora intagliò una zucca e iniziò a vagare per il mondo in cerca di un posto dove stare.
Nei paesi anglo-sassoni non è semplicemente un ornamento da esporre fuori dalla finestra, ma un simbolo legato ad una tradizione antichissima che serviva a tener lontani gli spiriti che –sempre secondo la leggenda– si diceva vagassero per la città nella notte del 31 ottobre.
Inoltre la tradizione di «Trick or treat?» (dolcetto o scherzetto?) fatta da bambini vestiti da mostri o streghe deriva semplicemente dal fatto che gli elfi e le fate presenti nella cultura celtica usavano fare scherzi agli uomini.
Tutto ciò non si differenzia molto da ciò che accadeva in molti nostri paesi della Sardegna dove i bambini andavano in giro per le case a chiedere «Sos mortos mortos» o «Is animeddas» rimediando spesso fichi secchi e caramelle!.
Anche in Sardegna, infatti, la notte tra il 31 ottobre e il 1° Novembre, secondo la tradizione, il “portone” che trattiene le anime del purgatorio si apre, permettendo a queste di girovagare –momentaneamente– per le case che un tempo furono di loro proprietà o di visitare luoghi ai quali si sentono profondamente legate.
I bambini sardi, vagavano vestiti di stracci, quasi a voler simboleggiare le anime dei piccoli defunti, e bussavano di porta in porta, domandando, con cantilene differenti da località a località, una piccola offerta, un piccolo dono per le “sfortunate anime del purgatorio”, che in quella notte venivano ricordate più che in ogni altro giorno.
Ecco perché Halloween è una festa che non ci appartiene, per il solo fatto che abbiamo già le nostre tradizioni.
Non ci appartiene perché strasuda di bieco e banale marketing (nella sua accezione più squallida) e perché rischia seriamente di annientare la nostra profonda tradizione della Commemorazione dei defunti e sostituirla con il nulla.
Perché le nostre tradizioni sono la nostra cultura e rappresentano la nostra identità.
Molto meglio una festa travestiti da streghette o diavoletto!!
Ma il punto è un altro.
Non dobbiamo permettere che le zucche e i fantasmi possano soppiantare i nostri dolcetti, le castagne, i fichi secchi e giocattoli. È giunta l’ora di riappropriarci della nostra identità e della nostra cultura, partendo proprio dai più piccoli.
Ai genitori e soprattutto ai nonni va questo importante compito di tramandare e tenere saldamente in vita queste tradizioni, raccontando le favole e i racconti che hanno sempre inchiodato alla sedia intere generazioni di bambini, secondo le quali nella notte tra l’1 ed il 2 di novembre i nostri cari morti tornano a farci visita, portando dolci e regali.
È una questione di identità e di cultura: dobbiamo difenderla.