Nel giorno del santo patrono, secondo
il governo più pecuniocratico della storia italiana, tanti cittadini
eviterebbero di contribuire fattivamente all’andamento dell’azienda in cui
lavorano per ciondolare tra le bancarelle con la propria famiglia, guardando i
giochi pirotecnici che affascinano grandi e bambini e –se capita– passare in chiesa
ad accendere un cero!!
Ci tentarono già lo scorso anno e per una sorta di nemesi burocratica, il Decreto Legge, morì di morte naturale senza poter esser tramutato il legge!
Giorni fa son tornati alla carica -lancia in resta!- con un decreto-legge che individua “ulteriori
ed immediate misure per la stabilizzazione finanziaria, per favorire
lo sviluppo, a sostegno dell’occupazione, per la riduzione dei costi
degli apparati istituzionali, nonché in materia di liberalizzazione
di attività economiche”.
Al quanto pare, tutto il male della nostra
povera nazione deriva dal lavorare il giorno del Santo Patrono.
Però, attenzione: nessuno si sognerebbe
di toccare alcune feste civili come il 25 aprile, il 1°maggio e il 2 giugno, vera e proprio festa
di Santa Repubblica Laicista. Queste non incidono sullo sviluppo o sui costi
degli apparati istituzionali!! (Eppure basterebbe dare un'occhiata veloce ai costi di tali feste.Quelle sì che incidono nei costi istituzionali!).
Stupisce un po’ quindi (ad essere
sinceri) il quasi totale silenzio del mondo cattolico (e anche di quelle
vecchiette che alla processione del Santo Patrono ci son sempre andate, ma anche la
loro fede ormai si è affievolita e imborghesita).
In nome del “bipartizanship” per stare a
galla i politici hanno immolato da tempo la propria religione. Come quando
negli anni ’70 in pieno clima di austerity
soppressero la festa infrasettimanale del Corpus Domini (e poi gli stessi
politici approvarono l’aborto e il divorzio).