martedì 1 maggio 2012

1° MAGGIO: FESTA DEI LAVORATORI! (cioè una minoranza!)

In principio fu l’allora ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa, che puntò il dito contro i “bamboccioni”, ovvero coloro che -superati i trent’anni– non se ne vogliono andare di casa. «Mandiamo i “bamboccioni” fuori di casa!!!», sintetizzò TPS con molta poca ironia ed estrema brutalità.
Poi arrivò Renato Brunetta, che lanciò l’idea di una legge per obbligare i ragazzi ad andar via di casa dopo 18anni.
Poi ecco Michel Martone, viceministro del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali secondo il quale laurearsi dopo 28 anni è “da sfigati”!
Ma la fantasia dei nostri governanti è sempre fervida.
Il ministro “piangente” del Lavoro, Elsa Fornero, intervenendo a un convegno all’Abi pochi giorni fa ha avuto la brillante idea di definire l’Italia “il Paese dei bamboccioni” perchè vorrebbero portare l’apprendistato fino a 30 anni.
Beh non è neppure stata originale!
Poi non doma della sua funambolica battuta ha aggiunto “vogliamo far crescere questi ragazzi e dirgli che a 29 anni sono maturi per un contratto a tempo indeterminato?”.
Forse la Ministra Fornero, non sa che -io per primo–  e gli Italiani saremmo ben lieti di accettare "un contratto a tempo indeterminato a 29anni"... se ce l’avessimo!!
Purtroppo a 30 (...o anche a 40 e oltre!) ci ritroviamo a star dietro alle collaborazioni esterne aleatorie perchè le aziende cercano solo "NEOLAUREATO, 110e lode, max 27ANNI, 4 ANNI ESPERIENZA".
Il prof. Martone forse mi conosce.
Aveva proprio presente me: il prototipo di studente sfigato. Pur non lavorando mi son laureato dopo i 30anni!!!
Supersfigatissimo quindi!
E nella mia lunghissima carriera di studente tra le aule universitarie ho avuto modo di avere un osservatorio priviligiato.
Posso dire che di aver notato infinite “fronti inutilmente spaziose” come le definiva il grande Enzo Biagi.
Ho visto tantissimi “30e lode” con la stessa consistenza di un soufflé riuscito male…
Idem per tantissimi 110/110 cum laude. A distanza di tempo mi son preso delle rivincite personali avendo avuto modo di constatare la cultura settoriale e superficiale di molti di questi 110!
Nonostante questo la stragrande maggioranza delle inserzioni di lavoro richiedono gli studenti “modello” martoniani: “neolaureato, con voto superiore a 100/110, max 28anni, 4anni d’esperienza”!


Spessissimo nei convegni sul mondo del lavoro si sente affermare una frase da dietro la scrivania del relatore famoso, esperto in recruiting e manager del lavoro: se il lavoro non c’è, ve lo dovete creare!”
Allora scatta la depressione (come se un disoccupato non fosse già in crisi a prescindere!)
Io personalmente, forte di una laurea e un master in comunicazione creativa,  ci ho pensato un po’ su, e ho avuto un’illuminazione!
Comunicare ecco il verbo che – innegabilmente – è essenziale in questo nuovo secolo.
Partendo dalla piccola azienda locale fino alla grande società con rapporti internazionali di import-export, non ci si può più sottrarre a questa esigenza: comunicare coi propri clienti in maniera diretta.
Neppure in quei settori istituzionali molto burocratizzati come le banche, gli uffici pubblici e la Pubblica Amministrazione.
Non per nulla, l’organigramma di un Comune o una Provincia, è molto simile – dal punto di vista numerico – di quello di una media azienda. E se un’azienda vende prodotti, la P.A. offre servizi.
In questo mondo, fortemente mass-mediale, anche per una Pubblica Amministrazione, occorre saper arrivare e comunicare in maniera più diretta e accattivante col proprio target, che in questo caso, sono i propri cittadini.
C'è chi ama il “fai-da-te” elaborando strategie improvvisate, ma è solo un inutile dispendio di energie e denaro. Ma, se comunicare è facile (è la prima cosa che un bimbo impara), comunicare bene è un'arte!
Oscar Wilde in uno dei suoi aforismi scrisse: «una verità detta male è peggio di una calunnia». 
Una “buona comunicazione” permette di “far parlare bene” di un prodotto. Ma l’alternativa non è solo il “non far parlare bene” della propria azienda, bensì il ben più deleterio “non parlarne affatto” ...
Ecco allora l’esigenza di mettere a disposizione delle P.A. una struttura agile, dinamica ed efficace in grado di inquadrare gli obbiettivi con una strategia mirata a raggiungerli con competenza tecnica, esperienza, strumenti tecnici e... tanta, tanta, tanta creatività.
Prendiamo ad esempio le banche: fino a vent’anni fa erano freddi uffici, con tanti “monsieur Travet” in grisaglia dietro un vetro. Zero comunicazione. Zero spot. Solo informazioni …sulla somma da pagare.
Da qualche anno si è sentita l’esigenza di rompere il clichè, abbattere il vetro e poter comunicare e raggiungere nuovi clienti adottando tecniche, prima impensabili come i media.
Ecco che anche le banche si son rivolte alle agenzie creative per elaborare spots in tv o intere pagine sui quotidiani, con quella stessa fantasia e creatività usata per vendere capi d’abbigliamento, auto, o cibi.
Quella frase se il lavoro non c’è, ve lo dovete creare!” mi ha fatto accendere una lampadina: trasformare il classico “ufficio stampa” delle P. A. (che elabora freddi, grigi, asciutti e iperburocratizzati “comunicati-stampa” da inviare agli organi locale) in vere e proprie “inner agency”, agenzie creative interne alle istituzioni, formate da un piccolo staff di esperti creativi, grafici (con una spolveratina di marketing) per comunicare in maniera efficace, diretta e anche un po’ creativa con i cittadini proprio come fa una grande azienda con i consumatori, mettendo a disposizione delle P. A. una struttura agile, dinamica ed efficace in grado di inquadrare gli obbiettivi con una strategia mirata a raggiungerli con competenza tecnica, esperienza, strumenti tecnici e... tanta, tanta, tanta creatività.
Quindi, io ho seguito alla lettera il consiglio di “crearmi un lavoro” se non c’è, ma a distanza di 51 anno nessun responabile delle P.A. (Comuni o Province) hanno saputo intravedere questa importante innovazione.
A che serve allora l’intraprendenza di “crearsi-un-posto-di-lavoro-se-non-c’è” se poi gli uffici vogliono continuare a crogiolarsi e respirare l’aria asfittica e burocratica delle scartoffie?
Pertanto forse è il caso di passare ad una fase successiva: inculcare ai dirigenti delle P.A. una dose minima indispensabile di sapersi aprire alle novità creative!
D’altronde, già nel 1928, Louis Aragon, nel suo “Trattato dello stile”, disse
Come si sa, funzione propria del genio è fornire idee ai cretini vent’anni dopo”.

Ed ora vi faccio un nome: Bill Bernbach! Per i più un autentico “Carneade” manzoniano. Ma, togliendo lui si sgretolerebbe oltre metà dell’advertising pubblicitario del secolo appena trascorso.
La sua attività dal punto di vista della comunicazione pubblicitaria è paragonabile a quella di Galileo Galilei nell’astronomia: dopo di lui nulla può esser stato come prima.
Nel 1949, fondò la DDB - Doyle Dane Bernbach con le idee ben chiare: «Proviamo al mondo che il buon gusto, la buona arte, la buona scrittura possono creare una buona vendita!”




Per entrare alla DDB, aveva fissato due sole ma essenziali condizioni:
  1. avere talento;
  2. essere una persona perbene.

In mancanza di una delle due, la sua risposta era cortese ma negativa!!
Purtroppo Bernbach è morto. E non ha lasciato eredi.
Allora a questo punto, mi deprimo ancora di più e mi chiedo mestamente: «dove sono finiti ai nostri giorni gli imprenditori intelligenti e lungimiranti come William Bernbach che per assumere personale nella propria azienda non richiedeva un “neolaureato, con voto superiore a 100/110, max 28anni, 4anni d’esperienza” ma puntava su una brava persona con talento, passione, interesse per ciò che deve fare?
Dove son finiti i Bill Bernbach che dava più importanza a quello che potrai fare con il tuo talento e non a quello che hai già fatto
BUONA FESTA DEL LAVORO AI LAVORATORI...



IO ASPETTERÒ IL 15 AGOSTO:
FESTA DELL’…ASSUNZIONE!!!

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