Alcuni
decenni fa, un medico francese, prof. Barbet, ospite del card. Pacelli in
Vaticano, raccontò che, in base alle sue ricerche, si poteva essere certi che
la morte di Gesù Cristo era avvenuta per “contrazione tetanica di tutti i
muscoli” e poi “per asfissia”.
Il card.
Pacelli impallidendo, sussurrò: «è la
conferma che il figlio di Dio patì sulla croce come preannunciato da Lui stesso
ai suoi discepoli sulla via di Emmaus».
Ritornato
nel suo studio, il prof. Barbet stese per iscritto un vero e proprio rapporto
dal punto di vista medico, della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo.
La
premessa conteneva un’avvertenza: «io sono un chirurgo, ho insegnato e in
questa “veste” ho passato 17anni in mezzo ai cadaveri. Ho avuto modo di
studiare e approfondire l’aspetto anatomico. Posso quindi scrivere su questo
tema con competenza e senza presunzione».
L’evangelista
Luca ci dice che «Gesù entrò in agonìa
nell’orto del Getsemani mentre pregava intensamente. Ed emise un sudore misto a
gocce di sangue che cadevano fin a terra».
Il prof.
Barbet fa notare un particolare: questo fatto è stato riportato solo da Luca
che era un medico. E lo fa con la precisione e la competenza dell’addetto ai
lavori.
Il sudar
sangue o “ematoidròsi”, è un fenomeno medico rarissimo, ma già noto a
quei tempi.
Avviene
in situazioni estreme: a provocarlo è la spossatezza fisica unita da una
violenta scossa morale causata da una profonda emozione o paura.
Il
terrore, lo spavento, l’angoscia possono produrre la rottura di vasi capillari
che si trovano nelle vicinanze delle ghiandole sudoripare. Il sangue si mescola
al sudore e affiora sulla pelle.
Sappiamo
bene com’è avvenuto il processo-farsa a Gesù organizzato e messo in scena dal
Sinedrio ebraico, l’invio di Gesù a Ponzio Pilato, lo “sballottare” la vittima tra
il procuratore romano ed Erode.
Pilato
cede e decide di far flagellare il condannato.
I soldati
spogliano Gesù e lo legano per i polsi ad una colonna dell’atrio.
La
flagellazione consiste nell’essere colpiti con delle strisce di cuoio intrecciate
su cui sono fissate due palle di piombo e degli ossicini.
Le tracce
evidenti possiamo riscontrarle nella Sindone: la gran parte delle sferzate le
troviamo sulle spalle, sulla schiena, nella regione lombare e sul petto.
I
carnefici furono due: uno da ciascun lato ma di differente corporatura.
La pelle,
già alterata da milioni di microscopiche emorragie effetto dell’“ematoidròsi”,
si lacera e si spacca e il sangue zampilla.
E ad ogni
staffilata il corpo di Gesù viene attraversato da un soprassalto di dolore.
Le forze
oramai vengono meno: il sudore freddo gli imperla la fronte, la testa comincia
a girare con vertigini e nausea, i brividi gli corrono lungo la schiena.
Crollerebbe
in una pozza di sangue se non fosse stato legato in alto con i polsi.
Poi lo
scherno dell’incoronazione: intrecciano una “corona” con lunghissime e
durissime spine, più dure di quelle dell’acacia che penetrano nel cuoio
capelluto (che è una zona molto vascolarizzata che quindi sanguina
copiosamente).
Dall’analisi
della Sindone riscontriamo un forte colpo di bastone sulla guancia destra che
lascia una piaga lacero-contusa, il naso deformato da frattura nell’ala
cartilaginea.
Ponzio
Pilato presenta alla folla inferocita quell’uomo e lo consegna alla
crocifissione.
Caricano
sulle spalle di Gesù il braccio orizzontale della croce che pesa una
cinquantina di kg.
Gesù
cammina a piedi scalzi in un sentiero, lungo circa 600m. è cosparso di ciottoli
e spesso cade sulle ginocchia.
Le spalle
di Gesù sono già ricoperte di piaghe e quella trave gli scortica ulteriormente
la pelle del dorso.
Arrivati
sul Calvario, ha inizio la Crocifissione.
I soldati
spogliano Gesù. La sua tunica è incollata alla pelle delle spalle. Ogni filo di
stoffa aderisce al tessuto della carne viva. Levando la tunica (e i carnefici non hanno certo usato pietà
e delicatezza!) si lacerano le terminazioni nervose messe allo scoperto
nelle piaghe.
Avete mai
provato a staccare una garza di medicazione su una ferita? Non avete sofferto
voi stessi? Non per nulla quest’operazione – talvolta- richiede di anestetizzare
localmente la zona.
I
carnefici danno uno strappo violento. C’è da stupirsi che quel dolore atroce
non provochi una sincope!
E il
sangue ricomincia a scorrere.
Gesù
viene steso sul dorso e le piaghe si mischiano alla ghiaia e alla polvere.
Gli
aguzzini prendono le misure: un giro di succhiello nel legno per facilitare la
penetrazione dei chiodi. Un supplizio aggiunto al supplizio.
Il
carnefice prende un chiodo (lungo, appuntito e quadrato) e lo appoggia sul
polso di Gesù e con un colpo netto di martello lo pianta saldamente nel legno.
Seguono
altri colpi.
Il nervo
mediano è stato leso: in quell’istante il pollice di Gesù, con uno scatto, si è
messo in opposizione nel palmo della mano.
Un dolore
lancinante, acutissimo, diffuso nelle dita che – come una lingua di fuoco –
raggiunge la spalla e folgora il cervello. Quando viene leso un fascio di nervi
si prova il dolore più insopportabile che si possa provare! Qualche volta si
perde conoscenza!
Gesù non
perde conoscenza! Il nervo è stato solo sfilacciato. Il tronco di nervi resta
quindi a contatto con il chiodo. Quando poi resterà sospeso sulla croce, il
nervo si tenderà fortemente come una corda di violino sul ponticello. E ogni
scossa, ogni movimento, provocherà dolori strazianti.
E tutto
questo durerà tre ore!
Ovvio che
anche per l’altro braccio si ripeteranno gli stessi atroci dolori.
I
carnefici impugnano le estremità della croce, sollevano Gesù poi facendolo
indietreggiare lo addossano al palo verticale.
Le spalle
della vittima hanno strisciato sul legno ruvido.
La testa
di Gesù è reclinata in avanti per evitare di toccare il legno con la corona di
spine.
Quando
prova a sollevare la testa, riprendono le fitte acutissime.
Poi gli
inchiodano i piedi.
È
mezzogiorno.
Gesù ha
sete. Non ha bevuto dalla sera precedente.
Il volto
oramai è tirato, è una maschera di sangue. La bocca è semiaperta.
La gola è
secca, gli brucia, ma non può deglutire. Un soldato gli tende una spugna
intrisa di una bevanda acidula in uso tra i militari.
Atrocità
su atrocità.
I muscoli
delle braccia ora si irrigidiscono sempre di più, contratti. Deltoidi, bicipiti
sono tesi.
Le dita
delle mani s’incurvano.
Son gli
stessi sintomi di un malato di tetano, in preda a quelle orribili crisi.
È ciò che
i medici chiamano “tetanìa”: i crampi si generalizzano in tutto il corpo, i
muscoli dell’addome si irrigidiscono, poi quelli intercostali, quelli del
collo. Intervengono quindi difficoltà nella respirazione e deglutizione.
Il
respiro a poco a poco si fa sempre più corto.
L’aria
entra con un sibilo ma non riesce più a uscire.
Il
crocefisso può (a malapena!)
inspirare ma non riesce a espirare!
Gesù può
respirare solo con l’apice dei polmoni.
Ha sete
d’aria come un asmatico in piena crisi.
Il volto
è pallido. A poco a poco diventa risso, poi violetto, purpureo infine
cianotico.
Gesù
soffoca.
I polmoni
son gonfi d’aria ma non riescono a svuotarsi.
La fronte
imperlata di sudore. Gli occhi stanno per uscire dalle orbite.
Tutto
questo provoca un dolore martellante.
Lentamente,
con un ultimo sforzo, sovrumano, facendo forza sul chiodo dei piedi, cerca di
tirarsi su, con piccoli movimenti. (fa
leva su un chiodo che trapassa entrambi i piedi; e sfrega il dorso già
martoriato sulla superficie della croce, non certo levigata!).
Comunque
così facendo allevia la trazione delle braccia.
I muscoli
del torace si distendono permettendo una respirazione più ampia e profonda.
I polmoni
riescono a svuotarsi.
Il viso
riacquista quel pallore primitivo.
Ma questo
sforzo dolorosissimo a che serve? Gesù vuole altro fiato per parlare. Deve dire
«Padre, perdona loro: non sanno quello
che fanno!»
Ma quella
posizione non può essere mantenuta a lungo. Il corpo ricomincia ad afflosciarsi
e l’asfissia riprende.
Gesù ogni
volta che vuole parlare deve sottoporsi a questa pratica: sollevarsi
appoggiandosi sui chiodi dei piedi. E sono state tramandate sette frasi
pronunciate da Gesù sulla croce.
Inimmaginabile.
Sciami di
mosche, verdi e blu, come nei mattatoi, ronzano attorno al suo corpo. Ma lui
non può neppure scacciarle.
Il cielo
si oscura. Il sole si nasconde e la temperatura si abbassa.
Sono le
tre del pomeriggio.
Gesù di
quando in quando si risolleva per respirare.
Una
tortura che dura tre lunghissime interminabili ore.
Tutti i
suoi dolori, la sete, i crampi, l’asfissia, i nervi mediani che vibrano ora gli
hanno strappato un lamento: «Eloì, Eloì,
lamma sabactani??».
Poi
l’ultimo fiato nei polmoni per dire «tutto è compiuto! Padre, nelle tue mani
consegno il mio spirito!!».
...detto questo spirò!