Tra le tracce scelte per l’esame di maturità 2024, il tema
di attualità (tipologia C) proponeva un brano di “Elogio dell’imperfezione” di
Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la medicina nel 1986. «La perfezione non
appartiene all’uomo e mai gli apparterrà. Ed è giusto così. Allora perché tanti
si affannano, tentano in ogni modo possibile di adeguarsi a un modello? – si domanda
la professoressa Levi Montalcini – e poi si chiede perché, semplicemente,
ognuno di noi non si limita a lavorare sulle proprie caratteristiche, sui
propri punti di forza? Tutti noi ne abbiamo, forse basterebbe solo fermarci e
conoscerci».
Nella mia riflessione contenuta insieme a tante altre in un
libro intitolato «scrivo come mangio»
(L’Universale, 2024) evoco un aneddoto citato da Vittorio Buttafava che mi ha sempre colpito e che ritengo che possa darci un quadro davvero chiaro ed esaustivo della nostra società (...sempre più alla deriva).
(L’Universale, 2024) evoco un aneddoto citato da Vittorio Buttafava che mi ha sempre colpito e che ritengo che possa darci un quadro davvero chiaro ed esaustivo della nostra società (...sempre più alla deriva).
«Un professore sale in cattedra e, prima di iniziare la
lezione, toglie fuori dalla sua cartella un grande foglio bianco con una
piccola macchia d’inchiostro. Poi rivolto agli studenti, domanda: “Che cosa
vedete qui?”.
“Una macchia d'inchiostro”, rispondono quasi tutti in coro.
“Ecco!”, continua il professore, “Così sono gli uomini:
vedono soltanto le macchie, anche le più piccole e non il grande e stupendo
foglio bianco che è la vita”».
Buttafava inquadrò profeticamente ed in modo eccellente la
malattia che affligge il nostro mondo. Ci concentriamo a cercare sempre il pelo
nell’uovo, a voler fare le pulci a tutto, alle persone, alle azioni, alle cose,
come nel “Trova l’errore” nella Settimana Enigmistica! Ci fossilizziamo solo
sulle piccole sbavature di inchiostro, ci roviniamo la giornata in una ricerca
affannosa dei difetti tralasciando invece di soffermarsi sull’aspetto globale
di «quel grande e stupendo foglio bianco che è la vita».
La mia riflessione continua con un altro esempio.
Un’insegnante scrive alla lavagna la tabellina del 7.
7x1=7
7x2=14
7x3=21
7x4=26
7x5=35
7x6=42
7x7=49
7x8=56
7x9=63
7x10=70
Tutti gli alunni sogghignano sotto i baffi (che ancora non hanno!)
e si danno gomitate. «Pazzesco, la prof. non sa la tabellina del 7. Che
vergogna! E vorrebbe anche insegnarcela a noi!».
L’insegnante attende un po’, li lascia divertire e poi dice
«io so bene che 7x4 fa 28. Ma ho scritto 26 appositamente perché voglio che voi
impariate una lezione importante che vi servirà nella vita. Io ho scritto 9
risultati corretti su 10 e nessuno mi ha fatto i complimenti e mi ha detto
“brava!”. Tutti però avete notato l’unico errore compiuto: quel 7x4=26. Ecco
l’insegnamento che voglio darvi. Il mondo si concentrerà solo sul criticare
l’unica cosa sbagliata che avete fatto. Vi attenderà al varco stizzosamente per
farvela pagare. E non aspettatevi mai i complimenti per le migliaia di cose
giuste che avrete compiuto! Resterà impressa nella memoria collettiva
quell’unico passo falso compiuto!».
Ecco quindi due lezioncine per chi vorrà riflettere!
Siamo (anzi… se permettete, sono!) diventati tutti acidi,
cinici, velenosi e sarcastici, sempre meno capaci di “saper godere ed
apprezzare” anche le imperfezioni di ciò che ci circondano. La vita è
fantastica perché è piena di cose imperfette.
Poi prendo spunto dal “Wabi-Sabi” è un termine giapponese
per indicare una visione estetica del mondo. Letteralmente potremmo tradurlo
con “la bellezza dell’imperfezione”. È riferito sia ad elementi naturali che a
quelli che hanno un carattere incompleto o impermanente. Anziché cercare la
simmetria perfetta, si cerca di apprezzare l’asimmetria, la semplicità e la
naturalezza.
Applicato alla vita quotidiana, questo concetto giapponese,
ci incoraggia a cercare la bellezza nelle imperfezioni della vita, accettando
tranquillamente il ciclo naturale di crescita e decadimento umano, accettando
le nostre “crepe”, che sono quelle che ci rendono unici e dimostrano ciò che
abbiamo vissuto.
Il concetto di Wabi-Sabi ha impregnato così tanto la
mentalità giapponese da esprimersi attraverso diversi canali, tra cui l’arte
del “kintsugi”. Quando i pezzi di ceramica di un certo valore si screpolano o
si rompono invece di cercare di nascondere le “imperfezioni”, l’artigiano
giapponese le riempie con una lacca dorata in contrasto. In questo modo il
difetto non solo non viene camuffato e nascosto ma addirittura evidenziato come
espressione della storia unica dell’oggetto che perdura, sebbene non integro,
come fosse un segno della sua bellezza imperfetta.
Per me tutto questo è straordinario! Alla base di tutto
questo c’è l’antica cultura del Giappone per la tradizione da perpetuare nel
tempo che dev’essere tramandata e rinnovata. Si tratta di porre l’attenzione
proprio su quelle crepe, evidenziandole ed utilizzandole come elementi che
aggiungono valore all’oggetto anziché considerarle difetti da nascondere di cui
vergognarsi. Aggiustato ma sempre utile.
La nostra società occidentale – purtroppo – è indirizzata
esattamente verso la direzione opposta, tendiamo maniacalmente all’ostentazione
dell’efficienza e dalla fredda perfezione. E come diretto corollario il
consumismo compulsivo ci impone di sbarazzarci di ciò che non è più perfetto ed
integro: del piatto sbeccato, del pullover smagliato, del paio di scarpe da
risuolare (salvo poi acquistare jeans o T-shirt già strappati!). O più
semplicemente qualcosa di cui ti sei stufato: quando non li usi più, li getti
via!
Un altro esempio viene dalla Francia dove è stato introdotto
«bonus réparation» che potremmo tradurre con «bonus rammendo» e consiste in un
contributo per riparare quella giacca che avevamo lasciato nell’armadio da anni
o un giubbotto o un paio di scarpe. È la migliore risposta alla nuova tendenza
del “usa e dai via” suggerita da tante app che conosciamo bene.
Il discorso non cambia per le nostre case. Ci viviamo
benissimo? Chi se ne frega: devi fare il cappotto, devi cambiare termosifoni,
devi rifare gli infissi, devi mettere le pompe di calore…
Al diktat dell’efficienza non ci si può opporre, pena
l’accusa di essere i veri colpevoli dello stato di salute del nostro pianeta. Una
società che avesse davvero a cuore i propri componenti, elaborerebbe premi
incentivanti con forti agevolazioni per coloro che mantengono un’auto per
almeno 15 anni, per coloro che aggiustano il tetto soltanto quando appaiono le
prime crepe o c’è un’infiltrazione, quando non cambiano il termosifone finché
si sta al calduccio perché quelle persone stanno dimostrando di saper gestire i
propri denari. Il mondo potrà pur essere razionale nei suoi effetti ma
mettiamoci la testa in pace che noi – come ci conferma la prof.ssa Levi Montalcini,
siamo esseri “imperfetti” e non riusciamo ad analizzare asetticamente quello
che ci circonda, esseri legati alle intuizioni, ai sentimenti, agli istinti e
alla memoria storica. Piuttosto che cercare un’immaginaria ed
irraggiungibile perfezione programmando al millimetro tutti i possibili eventi
del mondo che ci circonda dovremmo accettare noi stessi proprio perché
imperfetti e riempire le nostre crepe con vernice dorata. Dovremmo ammettere
quanto siamo fallibili, fragili ed incoerenti e andarne fieri. E non c’è nulla
di male nell’esserlo: siamo unici in quanto unicamente imperfetti. Infine non
dovremmo dimenticarci mai che l’Universo, per chi non lo sapesse, è nato dal
Caos.