venerdì 26 ottobre 2012

HALLOWEEN: una festa che non ci appartiene.


Fino a qualche decennio fa, per noi italiani, il 1° Novembre era la festa di "Ognissanti". 

Provate a chiedere in questi giorni ad un bimbo cosa si festeggia a fine ottobre/inizio di novembre!
La risposta sarà corale: HALLOWEEN!! 
La festa di Halloween nel nostro paese ha avuto una diffusione relativamente recente, e da qualche anno l'appuntamento con la "notte delle streghe" -complice il marketing- si sta facendo sempre più sentito. Discoteche e pub (...e anche nelle scuole, ma ciò che è peggio anche in molti oratori!!!!) organizzano feste "a tema" ispirate alle atmosfere macabre.
È diventato oramai il "carnevale d'autunno". Travestimenti, maschere e scherzi sono gli elementi di questa ricorrenza che più affascinano grandi e bambini, cogliendone solo ed esclusivamente l'aspetto goliardico e esteriore dell'evento, abbandonando (o meglio!) ignorando i veri valori simbolici e culturali originali dei luoghi dove tale tradizione è nata: Stati Uniti, Gran Bretagna e Irlanda.
Per non parlare della zucca intagliata, il simbolo di questa festa, chiamata Jack o'Lantern.

Jack o'Lantern
In Italia è semplicemente un ornamento da esporre fuori dalla finestra, ma nei paesi anglo-sassoni è legato ad una tradizione antichissima della loro cultura e che serviva per tenere lontano gli spiriti che, secondo una leggenda, -nella notte del 31ottobre- vagavano per la città. 
Dietro all'usanza della zucca intagliata esiste una vera storia che vede protagonista un vecchio fattore, appunto Jack o'Lantern,  che aveva peccato così tanto che neppure il diavolo lo volle e allora intagliò una zucca e iniziò a vagare per il mondo in cerca di un posto dove stare. 
Per capire meglio questa festa dovremmo risalire alle antiche popolazioni tribali che usavano suddividere l'anno in due periodi seguendo la transumanza del bestiame.
Nel periodo che precedeva l'inverno era necessario mettere al riparo il bestiame per farlo sopravvivere al freddo che da lì a poco sarebbe arrivato.
Questa tradizione si diffuse poi con i Celti, popolo con una ricca cultura simbolica che celebravano la fine dell'estate e l'inizio del nuovo anno, e questo periodo non apparteneva nè al vecchio nè al nuovo anno e rappresentava un momento nel quale la "linea" che separa il mondo dei vivi da quello dei morti si assottigliava e i morti potevano tornare -per una notte- nel modo dei vivi. Inoltre la tradizione di "trick or treat"? (dolcetto o scherzetto?) fatta da bambini vestiti da mostri o streghe deriva dal fatto che gli elfi e le fate presenti nella cultura celtica usavano fare scherzi anche pericolosi e terrificanti agli uomini. 
Con il passare dei secoli nei paesi di lingua inglese la festa si trasformò nel momento dell'anno in cui si potevano ricordare i morti, da qui il termine Halloween ("Hallows'Even", letteralmente "Sera di Tutti i Santi"). 
Con gli immigranti anglo-sassoni, la ricorrenza arrivò oltreoceano e proprio negli Stati Uniti iniziò a prendere le attuali caratteristiche, organizzando feste e travestendosi da streghe e diavoli per scorrazzare per le città senza nessuna regola.

A ben vedere però tutto ciò non si differenzia molto da ciò che accadeva in molti paesi della mia amata Sardegna, dove i bambini andavano in giro per le case a chiedere "sos mortos mortos" (spesso fichi secchi e caramelle!) presente in altre regioni italiane. 
Infatti anche in Sardegna, secondo la tradizione, la notte tra il 31 ottobre e il 1° Novembre, il "portone" che trattiene le anime del purgatorio "si apre", permettendo a queste di girovagare per le case, che un tempo furono di loro proprietà, o di visitare luoghi ai quali si sentono profondamente legate. 
I bambini sardi nella  notte magica, vagavano vestiti di stracci, quasi a voler simboleggiare le anime dei piccoli defunti, e bussavano di porta in porta, domandando, con cantilene differenti di località in località, una piccola offerta, un piccolo dono per le "sfortunate anime del purgatorio", che in quella notte venivano ricordate più che in ogni altro giorno. 

Halloween è quindi una festa che non ci appartiene, che strasuda di marketing (nella sua accezione più banale) che rischia seriamente di annientare la nostra profonda tradizione della commemorazione dei defunti e sostituirla con il nulla.
Un'invasione culturale che avviene a scapito delle tradizioni italiane.

Anche  padre Gabriele Amorth, il più famoso degli esorcisti, è voluto intervenire più volte su questo argomento perdire la sua.
“Penso che la società italiana stia perdendo il senno, il senso della vita, l’uso della ragione e sia sempre più malata. Festeggiare la festa di Halloween è rendere un osanna al diavolo.
Il quale, se adorato, anche soltanto per una notte, pensa di vantare dei diritti sulla persona.
Allora non meravigliamoci se il mondo sembra andare a catafascio e se gli studi di psicologi e psichiatri pullulano di bambini insonni, vandali, agitati, e di ragazzi ossessionati e depressi, potenziali suicidi.
(...) La festa di Halloween è una sorta di seduta spiritica presentata sotto forma di gioco. L’astuzia del demonio sta proprio qui.
Se ci fate caso tutto viene presentato sotto forma ludica, innocente”.
Secondo padre Amorth i macabri mascheramenti, le invocazioni apparentemente innocue, quindi, altro non sarebbero, che un tributo al principe del male.
P. Amorth, ha invitato ad organizzare nelle scuole o negli oratori, le "feste della luce", una vera e propria controffensiva ai festeggiamenti delle tenebre, con canti al Signore e giochi innocenti per bambini.

Sinceramente non mi spingo così oltre come padre Amorth... però sostengo si debba avere per dovere morale, per una corretta consapevolezza culturale, il coraggio di boicottare tale festa, oramai priva del significato iniziale, partendo soprattutto dalle scuole, primario luogo di educazione e di insegnamento della cultura, valorizzando o addirittura riscoprendo la nostra vecchia e cara festa dei morti,  affinchè non si dia spazio ed attenzione alla festa di Halloween, e sopratutto si accorgano che oramai tanti bambini non sappiano più cosa sia la festa della commemorazione dei defunti, disconoscendo contemporaneamente una parte della loro stessa cultura!
Esterofili come siamo, il confronto tra Halloween e "sos mortos mortos" non può reggere! Molto meglio una festa travestiti da streghette o diavoletto!!
Zucche e fantasmi non possono e non devono soppiantare i dolcetti, le castagne, i fichi secchi e giocattoli.
È giunta l'ora che ci si riappropri della nostra identità e della nostra cultura, partendo proprio dai più piccoli.
Ai genitori ed ai nonni questo compito di tramandare e tenere saldamente in vita queste tradizioni, raccontando le favole e i racconti che hanno sempre inchiodato alla sedia intere generazioni di bambini, secondo le quali nella notte tra l'1 ed il 2 di novembre i nostri cari morti tornano a farci visita, portando dolci e regali.
È una questione di identità e di cultura: dobbiamo difenderla.

giovedì 4 ottobre 2012

San Francesco: molto più che un Santo


La storia e la figura di san Francesco d'Assisi è nota in tutto il mondo.

Figlio di un ricco mercante di stoffe, nacque ad Assisi nel 1182 e morì nel 1226. Istruito in latino, in francese, e nella lingua e letteratura provenzale, condusse da giovane una vita spensierata e mondana.
Si convertì nel 1205 alla vita cristiana ed un giorno, il Crocefisso di una chiesa diroccata, gli parlò e gli chiese di restaurare la chiesa a lui dedicata. Francesco da quel momento cominciò a impegnarsi nel restauro di edifici di culto in rovina e dedicò tutto sé stesso alla cura dei poveri e dei lebbrosi nei boschi del monte Subasio. Con un piccolo nucleo di seguaci comincia a predicare il Vangelo in assoluta povertà.
Questa scelta – ovviamente – non fu accolta con salti di gioia dal padre di Francesco, che infatti lo diseredò.
Francesco allora nella piazza di Assisi – con un vero “coup de théâtre” – si spogliò materialmente dei suoi ricchi abiti dinanzi al vescovo di Assisi.
Nel settembre 1224, si ritirò sul monte de “la Verna”, e dopo 40 giorni di digiuno e sofferenza affrontati con gioia, ricevette le stigmate, i segni della crocifissione.

Fin qui le note biografiche, ma san Francesco non era solo questo.
Basta aprire un qualsiasi libro di letteratura italiana per sapere che tra i primi testi di lingua Italiana, il più importante per qualità letteraria e per significato storico, è riconosciuto proprio il suo “Laudes Creaturarum” ovvero “Lodi delle Creature” noto anche come “Il cantico di frate Sole” col quale Francesco esprime la sua lode al Signore per tutte le sue creature: il sole, la luna e le stelle, il vento, l'acqua, il fuoco, la terra, gli uomini virtuosi, e perfino la stessa "morte corporale", distinta da quella "morte secunda", la morte dell'anima, che non ha potere su chi rispetta le "sanctissime voluntati" di Dio.
Il cantico viene considerato subito come un primissimo esempio di “volgare illustre" intendendo per illustre il prestigio.

Dante Alighieri nella sua Divina Commedia “incontra” anche san Francesco (Canto XI – ovviamente – del Paradiso) nel cerchio degli spiriti sapienti dove è presente anche Tommaso d’Aquino. È proprio a quest’ultimo che Dante fa proferire un elogio profondo di Francesco.
Ecco che quindi possiamo dire che san Francesco, oltre che patrono d’Italia, è anche il primo vero autore della storia della letteratura Italiana.
Quindi, Francesco, non solo come santo, ma anche letterato. Con buona pace di chi ritiene che per S. Francesco “lo studio e la vita intellettuale fosse pericoloso per l'umiltà e la semplicità”. Nulla di tutto ciò. E che lo studio non fosse incompatibile con lo spirito del francescanesimo lo avrebbe dimostrato benissimo un suo fedele discepolo, San Bonaventura

E perché non aggiungere, poi, anche la veste di filosofo? Ha vissuto da anticonformista, ha predicato una sua concezione della vita va al di là di un semplice atteggiamento religioso, si può tranquillamente definire una vera e propria filosofia e messo per iscritto le sue idee ed ha avuto numerosi discepoli!

Poi, a ben pensare, San Francesco è anche stato un “opinion-maker”: andò – a testa bassa – contro le convenzioni sociali del tempo, spogliandosi (scandalizzando i benpensanti) davanti al padre Pietro e al Vescovo di Assisi.

San Francesco ha una grandissima dote: appare "simpatico" anche presso chi non crede. Anche gli agnostici, atei, indecisi sentono il “profumo” spirituale ad Assisi.
E infatti spesso viene “tirato per la giacchetta”… pardon, “per il saio” anche da non cristiani fraintendendo alcuni insegnamenti.
Ad esempio, S.Francesco ci viene presentato come un ecologista ante litteram. Ma in lui c’è l'amore per la natura come "questa bella d'erbe famiglia e d'animali", e questo suo amore per la natura è riconducibile al suo amore per Dio Creatore di tutto come ci testimonia nel Cantico delle Creature: vede nella natura un segno della bontà e dello splendore della Presenza del Mistero. Ecco la differenza rispetto a chi "deifica" la natura!

E San Francesco-animalista «per la predica agli uccelli e il lupo di Gubbio»? Anche qui ci ricolleghiamo alla lode della Gloria del Mistero e il lupo di Gubbio viene affrontato “allegoricamente” senza paura solo ed esclusivamente in virtù della fede, che fa riconoscere nella natura un segno di Altro.

Poi san Francesco c’è definito pacifista ante-litteram tendente ad un "ecumenismo irenista e sincretista", quasi quasi Gandhiano invocandone lo spirito di umiltà distante dalle dispute e propenso alla arrendevolezza.
Ecco un altro mito da sfatare. Che tale interpretazione della figura e del pensiero di S. Francesco sia falsa, appare dalla passione missionaria del Santo di Assisi, che rischiò la vita pur di andare in Oriente a convertire i Saraceni! Svolse presso il "Soldano" (ovvero il "feroce Saladino") un’accorata opera di testimonianza. E troviamo conferma di ciò nel resoconto nelle prime fonti francescane
Potremmo addirittura dire che, quello di convertire i mussulmani fu “un suo chiodo fisso”, infatti la storia del francescanesimo è disseminata di martiri in terra islamica (ad esempio in Marocco, tra il 1220 ed il 1226. Tra i quali anche il fraticello sassarese Francesco Zirano, proclamato beato. Altro che ecumenismo e arrendevolezza!

Vi è poi chi pensa che il santo di Assisi abbia nutrito un ascetismo, un disprezzo per la corporeità, vista come causa di peccato, visto che chiamava il proprio corpo "frate asino" e lo sottoponeva a grandi sacrifici e sofferenze, o il fatto di dormire sulla nuda terra o sulla pietra. Aggiungiamo poi tra dei suoi discepoli Jacopone da Todi che nel componimento "O Segnor per cortesia/ manname la malsania", chiede di essere colpito da Dio con ogni sorta di malattia.
Non si può escludere una certa "contaminazione" platonica, (presente, anche nella cultura agostinista medioevale) a livello di espressione, ma si può dire che l'esperienza di S. Francesco è genuinamente cristiana e non ha implicato alcun disprezzo per la corporeità in quanto tale. Francesco è il cantore della Gloria di Dio attraverso la materialità del creato: il sole, la luna, le stelle, l'aria e le nuvole, il vento, i fiori e l'erba.

Riguardo i sacrifici, non sono certo identificabili come disprezzo nei confronti del proprio corpo bensì con spirito di penitenza.
Francesco sacrifica il proprio corpo per penitenza dei propri peccati, che hanno come radice l'orgoglio, la superbia, e non l'attaccamento al piacere e perché il corpo può, se assecondato troppo, diventare occasione di peccato, un peccato che resta comunque secondario rispetto a quello "spirituale".
E come dimostrazione che Francesco non disprezzasse affatto il proprio corpo c’è l'episodio in cui, essendo ormai imminente la sua morte, egli chiese a una signora di preparargli dei dolci che gli piacevano molto....